Salerno: Volontariato, Scuola della Carità 2010

Ancora una volta ho la gioia e la responsabilità di presentare l’offerta formativa e le linee programmatiche della Scuola della Carità, quale laboratorio formativo della Caritas Diocesana di Salerno Campagna Acerno. L’eredità degli anni scorsi ci riempie di soddisfazione e contemporaneamente ci sprona a fare sempre di più e meglio. La riflessione aperta nello scorso mese di giugno a conclusione dell’anno formativo del Corso di Formazione al Volontariato 2009 già ci orientava ad una maggiore attenzione alle nuove povertà, a pensare ad una formazione che fosse più attenta alle esigenze di un territorio le cui problematiche diventano sempre più vaste e più variegate.I risultati del Dossier Diocesano Povertà e Immigrazione 2009, presentati lo scorso 10 ottobre in occasione del Convegno Diocesano delle Caritas Parrocchiali, non fanno che avvalorare questa tesi: sempre più famiglie nelle nostre strade e nei nostri condomini vivono nel silenzio drammi quotidiani che non conosciamo e per i quali non siamo sufficientemente preparati. La solitudine e l’abbandono degli anziani non autosufficienti – lo ha ricordato proprio recentemente Papa Benedetto XVI -,  il dramma delle famiglie monoreddito colpite dalla crisi economica, le difficoltà di famiglie dove sono presenti disabili fisici o mentali, le condizioni di precarietà delle famiglie monogenitoriali, divorziate o separate, sono solo alcune delle nuove povertà cui è indispensabile dare delle risposte. Ma come affrontare tutti questi drammi? Come andare incontro a queste emergenze? Alcune risposte, e provocazioni, ci vengono proprio dal recente Convegno Diocesano delle Caritas Parrocchiali: Comunicare la Carità. In quella sede infatti, è emersa chiara la necessità di un volontariato pronto alle nuove sfide che la società contemporanea ci pone davanti; un volontariato certamente competente, attivo, presente. Ma non basta. Appare sempre più necessario che il volontario sia innanzitutto figura di riferimento e testimone di speranza: nell’ascolto, nelle azioni quotidiane, nell’accoglienza di chi ha bisogno, è indispensabile che il volontario sappia trasmettere la speranza che chiunque, anche nella più grande difficoltà, può farcela.“L’animatore Caritas, negli sportelli dei centri di ascolto, nei progetti di servizio civile, di fronte a un’emergenza nazionale e internazionale – scrive Don Giancarlo Perego, responsabile Documentazione di Caritas Italiana all’assemblea del II Convegno Diocesano delle Caritas Parrocchiali – è colui che aiuta la comunità a coltivare la speranza, a non abbandonarsi alla disperazione. Attraverso le scelte della condivisione e della relazione, della comunicazione e della denuncia l’animatore caritas regala speranza, perché costruisce legami interesse”.Questo appare oggi sicuramente una prima, essenziale, modalità di approccio alla sofferenza, al disagio, all’impegno volontario per quanti sono in difficoltà. La speranza di cui il volontario deve essere portatore, però, deve essere sostenuta da un’azione concreta e competente, dalla capacità di progettare interventi “ad personam”, miranti all’autodeterminazione, alla partecipazione e al riscatto della persona umana nella sua libertà e dignità. E’ questa la figura di un volontario, di un educatore sociale; un volontario ed un educatore capace di essere al passo, in rete, in collaborazione con tutti, con gli enti e con le associazioni, con le istituzioni e con tutte le donne e gli uomini di buona volontà. E’ prioritario, infatti, rifuggire egoismi, personalismi, visibilità personale, per aprirsi invece alla necessità sempre più chiara di creare e pensare relazioni efficaci, legami che sostengono e che crescono.Per fare questo il volontario deve essere costantemente in cammino: deve essere volontario, educatore di strada. In cammino verso il prossimo, con la passione e la motivazione che gli vengono dalla speranza; in cammino, in ricerca insieme all’altro che è nel bisogno. Essere volontario di strada significa anche saper “stare”, saper “sostare” nella sofferenza, nel dramma, senza indugi, senza pietismi, ma con la capacità di osservare, leggere, interpretare e intervenire con delicatezza, con discrezione, con rispetto, ma soprattutto con gratuità.“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” è questo il passo del vangelo che mi piace proporre quest’anno all’attenzione di quanti saranno nostri allievi e nostri interlocutori. La gratuità intesa non solo come assenza di un riscontro economico, ma gratuità intesa come disponibilità, apertura, assenza di pregiudizi. Troppe esclusioni, troppe emarginazioni, troppi preconcetti abitano il nostro cuore e le strade delle nostre città, generando un clima di intolleranza e paura dove non può che fermentare la solitudine e la povertà.La violenza sulle donne e lo svilimento della figura della donna, le discriminazioni razziali, le violenze e gli attacchi di matrice omofoba, il numero crescente di atti di bullismo nelle scuole contro ragazzi disabili e non, sono tutti segnali di un clima sociale in cui sempre più aumentano le barriere, in cui sempre più si vive la paura del “diverso”, peggio ancora dell’altro in quanto “altro” da me, dal mio schema mentale, dal mio riferimento culturale.Una società in cui vige un clima di questo tipo è una società destinata al fallimento. Solo nella varietà e nella diversità, nel rispetto, nella condivisione, infatti, possiamo trovare le risorse per crescere e per creare un contesto di benessere e di giustizia per tutti. Per questo la Scuola della Carità propone, per il prossimo anno formativo, percorsi in cui si possa fare esperienza di questa diversità, in cui si possano approfondire le problematiche più emergenti, si possano ricercare insieme strumenti validi per creare relazioni volte alla costruzione del bene comune. Il primo livello, il corso base, della Scuola della Carità 2010, intende proprio presentare e far fare esperienza di relazioni: nel contesto formativo attraverso la struttura dei piccoli gruppi e nel contesto più esperienziale attraverso un percorso di tirocinio presso gli enti accreditati. L’apertura ad una utenza vasta e varia è per noi un elemento essenziale della formazione del primo livello: la presenza negli scorsi anni di giovani e meno giovani, che ha dato vita a confronti e riflessioni, è stata infatti una risorsa sempre viva per tutti noi, allievi, tutor, docenti.Il corso avanzato invece, mira ad aspetti più specialistici, riservando ampio spazio al tema dell’educazione e delle relazioni, dell’affettività e della sessualità in adolescenza. Relazioni a rischio: adolescenti e giovani nella società contemporanea, questo il titolo scelto dall’equipe di lavoro per dare il senso di quanto si intende approfondire. Tra i temi di questo percorso: Emergenza educativa: introduzione ed analisi del fenomeno, Sessualità e affettività in adolescenza, Amore, sessualità, violenza nel contesto adolescenziale, Minori in contesto giudiziario, Il counseling come modalità di gestione del disagio: costruzione di una equipe educativa, Sessualità e affettività a rischio: Malattie Sessualmente Trasmesse. Particolare attenzione è data quest’anno ai temi legati alle nuove emergenze e alle nuove povertà, sia nell’ambito dei corsi che nel contesto di nuove proposte che la Scuola della Carità intende estendere a tutta la società civile attraverso momenti pubblici di sensibilizzazione e di animazione. Nuove povertà e nuove emergenze è, infatti, il titolo di un ciclo di conferenze che a partire dal mese di febbraio 2010 affronterà, attraverso il contributo di relatori di spicco, diversi temi di attualità tra cui: dipendenza da gioco e da internet, disturbi alimentari e stigma sociale legato alla malattia mentale, rapporto tra uomo e ambiente e gestione dei beni primari. Come si vede anche dalla strutturazione dell’offerta formativa del prossimo anno, restano prioritari per la Scuola della Carità alcuni valori e principi che ci sembrano ineludibili. Innanzitutto quello della fedele testimonianza al Vangelo che è Carità e all’esortazione del Signore Gesù che ci ricorda “quello che avete fatto ad uno solo di questi miei fratelli lo avete fatto a me”. E poi il valore dei legami e delle relazioni: incontrare il prossimo, per noi, significa camminare accanto a lui nella difficoltà e nel bisogno; significa lasciarci coinvolgere da una storia che merita di essere condivisa, raccontata, vissuta e sostenuta. Questo è quello che cerca di fare la Caritas Diocesana, questo è quello che cerchiamo di trasmettere nell’incontro con i nostri allievi alla Scuola della Carità. La libertà, la dignità, il rispetto per la sacralità della vita, del creato, sono valori che soli possono aiutarci a crescere in una società più giusta che insieme ci sforziamo di costruire. Il rispetto per le differenze, tutte le differenze, non può mai essere un di più, ma deve semmai essere un presupposto per costruire davvero un bene che sia comune, un bene che sia per tutti e di tutti, un bene edificato per una società in cui ciascuno si possa sentire riconosciuto nella sua meravigliosa unicità. Per dare voce, corpo e gambe, a questi intenti è nata la Scuola della Carità, e su questa strada speriamo sempre di camminare e di incontrare tanti tra donne e uomini pronti a mettersi in gioco sulla strada della povertà, come il Buon Samaritano del Vangelo che “gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui”.

Francesco Napoli

Responsabile Scuola della Carità

Un pensiero su “Salerno: Volontariato, Scuola della Carità 2010

  1. Gentile Autore, complimenti per l’iniziativa descritta nell’articolo. Mi sembra molto importante il punto in cui si sottolinea la necessità di comunicare la speranza. Io opero nel volontariato, specificamente nell’ambito del tribunale dei diritti del malato, e so bene quante storie amare si possano ascoltare. Per esperienza so che un ascolto attivo costituisce un balsamo per molti. Purtroppo oggi di tende a dimenticare che dietro ad una malattia, ad un lutto, ad un disagio, c’è sempre una persona. Credo che anche per chi opera nel volontariato sia importante ricordare la centralità dell’Altro. Con i migliori auguri, cordialmente saluto.
    Giovanna Rezzoagli

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