Napoli: associazione presepistica napoletana, mostra 2009

          don Marcello Stanzione                                                                                                            

Da otto anni l’associazione Presepistica Napoletana presieduta dalla professoressa Adriana Bezzi espone decine di presepi nella Sala Valeriano a piazza del Gesù a Napoli a fianco della chiesa dei Padri gesuiti che ospita il corpo di san Giuseppe Moscati. La mostra ha ricevuto l’Alto Patronato del Presidente della repubblica Giorgio Napoletano. Il cardinale Crescenzio Sepe ha più volte inaugurato la mostra con la sua Benedizione ed ha concesso alla Benemerita Associazione la possibilità di effettuare le lezioni gratuite di arte presepiale nella sede di Sant’Anna dei Lombardi. L’associazione Presepistica anche in questo 2009 ha curato un pregevole catalogo edito Da Franco Di Mauro Editore con le foto degli espositori. Dobbiamo a san Francesco nel 1233 la realizzazione del primo presepe della storia che diffuso da principio grazie ai missionari francescani divenne presto espressione tipica della spiritualità cattolica del Natale. La storia del presepe va dalle statue di Arnolfo di cambio agli esiti del gusto moderno, dai fasti del Barocco napoletano alle varianti regionali siciliane, lombarde e romane, dal presepio in Spagna ed in Tirolo ai presepi della Boemia, Ungheria e Polonia. Presepi ricchissimi o poveri, d’argilla o d’argento, grandi quanto una chiesa o piccoli come una noce. La tradizione del presepe gradualmente si affermò in modo particolare in Italia meridionale. Il presepe napoletano presenta caratteristiche che lo allontanano dalla semplice rappresentazione della natività di Betlemme così come è narrata dai vangeli, anzi la raffigurazione presepistica partenopea potrebbe sembrare totalmente antistorica ma in realtà esprime in modo assai preciso il significato teologico del Natale. “ Il presepio è il Vangelo tradotto in dialetto partenopeo” dichiarò Michele Cuciniello, il collezionista napoletano che fece dono al Museo di San Martino della sua raccolta di statuine del XVIII e XIX secolo. Il presepio napoletano non è ambientato nella Palestina di ventuno secoli fa ma nelle strade della Napoli del settecento dove visse la sua stagione d’oro. In quell’epoca l’arte presepiale uscì dalle chiese per entrare anche nelle dimore aristocratiche. Nobili e ricchi borghesi gareggiarono nell’allestire impianti scenografici spettacolari dove venivano riprodotte scene profane che raffiguravano ambienti, situazioni e costumi della Napoli popolare. Incoraggiata dai re Borboni, la moda del presepio dilagò fino a diventare una mania che coinvolse tutti. La scenografia classica è in sughero, detto “scoglio” ed è costituita da tre alture ed un proscenio pianeggiante. La scena della nascita del Divino Bambino è situata sulla altura più elevata al centro del presepio, essa è collocata tra le rovine di un tempio pagano, che ricorda i ritrovamenti archeologici di Pompei ed Ercolano, rappresentato da una colonna spezzata, simbolo della sconfitta delle falsi religioni idolatriche. Accanto al tempio in genere c’è una fontana dove due donne lavano la biancheria sporca: l’acqua è simbolo di purificazione ed indica che Cristo è nato per lavarci dai nostri peccati. Verso la grotta della natività sono i “ pastori del cammino”: statuine di personaggi maschili e femminili che portano in dono al Bambinello i beni della propria semplice quotidianità. Vi sono il pastore con l’agnello sulle spalle, che richiama il tema di Gesù buon pastore; la zingara negra con un bambino avvolto in fasce che ricorda che il messaggio di fede è per tutti anche per i rom che sono un popolo senza una patria specifica. Immancabili sono il cacciatore, il pescatore e gli agricoltori con verdure e frutti vari. Nel presepe napoletano poi è sempre raffigurato il frate francescano che fa la questua a favore del suo convento per le strade, il vecchierello che inginocchiato offre alla Sacra Famiglia un cestello con la ricotta. Vi è poi il pastore della meraviglia, un giovinetto con le braccia allargate e gli occhi pieni di stupore dinnanzi il Divino Neonato. Ai piedi delle alture, c’è l’accampamento dei tre Magi con il loro variopinto seguito di servi, cavalli e cammelli. Sulle colline laterali vi sono due scene che riguardano gli indifferenti al Natale. Sulla prima altura è raffigurato un sontuoso banchetto – altre volte invece è raffigurata una bettola con gli avventori che giocano a carte – nel quale a causa dell’eccesso di vino e di cibo i commensali hanno i sensi eccitati e si lasciano andare a comportamenti lussuriosi. Poco distante dalla grande “abbuffata” su di un ponte sta passando un carro carico di botti per il banchetto, il carrettiere è “Ciccibacco” che indica con il suo nome la strada larga e spaziosa che conduce al vizio e quindi poi anche all’inferno. Sulla seconda altura vi è una macelleria con i quarti di vaccino esposti ed il proprietario intento al suo lavoro con la mannaia, simbolo della passionale aggressività . Nel presepio napoletano l’oste, il macellaio ed il cane che sempre accompagna il carro con le botti sono simboli del demonio tentatore. Sul proscenio sono raffigurate scene di vita quotidiana nella Napoli del settecento: le donne con le ceste sul capo al mercato, i pescatori che rammendano le reti, le massaie che in cucina accendono la legna nel focolare, le mamme che dondolano le culle con i loro pargoli. E’ il popolo partenopeo immerso nelle sue attività quotidiane e raffigura realisticamente tutta quella umanità affaccendata, di allora e purtroppo anche di oggi, non indifferente ma piuttosto ignara dell’evento grandioso della nascita del Redentore che sta accadendo vicino a loro.