La motivazione, questa sconosciuta

Giovanna Rezzoagli
Anche se il Ministro Maria Stella Gelmini ha procrastinato di un mese il termine ultimo per effettuare la preiscrizione alle scuole superiori, il momento di decidere che indirizzo dare al proprio futuro si avvicina velocemente per tutti i ragazzi che stanno frequentando l’ultimo anno della cosiddetta “Scuola secondaria di Primo Grado”, in parole povere la terza media. La concessione dei ventotto giorni di febbraio saprà portare luce sulle ombre che si addensano sulla riforma delle scuole superiori? Forse. Per il momento famiglie e ragazzi hanno avuto modo di confrontarsi con i vari “incontri” di orientamento, i classici “open day” dove l’informazione fornita è stata non corretta riferendosi alla maggiore offerta formativa dell’anno trascorso e non alla riforma ancora da attuare, o le molto più sfacciate visite agli istituti superiori in orario scolastico. All’inizio dell’anno scolastico in corso mio figlio, che appartiene al gruppo di ragazzi che il prossimo anno faranno da cavie per il nuovo assetto scolastico, mi annuncia che durante il primo quadrimestre seguiranno un corso di orientamento scolastico tenuto da una loro Docente. Ragionando da madre mi sono chiesta che fine avrebbero fatto le lezioni curricolari, visto che il suddetto corso si sarebbe svolto in orario scolastico, riflettendo da counselor mi sono chiesta quali competenze (e soprattutto come e quando) avesse sviluppato l’insegnante per poter offrire contenuti esaustivi in un ambito specialistico e delicato quale è l’orientamento scolastico. Perché un conto è presentare ai ragazzi le caratteristiche delle varie scuole superiori, altro è aiutare i ragazzi a comprendere le motivazioni che sottendono la scelta di un indirizzo scolastico. Eccola la parolina magica: motivazione. Parolina che in tre mesi mio figlio mai ha sentito pronunciare. Semplificando all’estremo si può ragionevolmente affermare che un ragazzo di tredici anni scelga la scuola cui iscriversi seguendo le indicazioni della famiglia, ed in questo caso sarebbe più corretto affermare che è la famiglia a scegliere, oppure che operi la scelta influenzato da quelle dei compagni e/o amici. Ovviamente non sarebbe corretto generalizzare, ma è molto difficile che un giovanissimo adolescente possegga già la maturità di comprendere appieno e di elaborare in modo compiuto che iscriversi ad un liceo implica, di fatto, il dover poi frequentare un corso di studi universitario, mentre viceversa iscriversi ad un istituto tecnico-professionale non preclude a priori la possibilità di conseguire un domani la laurea, ma non offre nemmeno la preparazione ottimale per conseguirla. Aiutare un giovane a comprendere le motivazioni alla base della scelta scolastica non è affatto facile, ma è un punto a mio avviso imprescindibile per scongiurare disastrosi fallimenti futuri. Molto spesso le famiglie iscrivono i proprio figlio ad un determinato Istituto per motivi di comodità, di tradizione, oppure perché già frequentato da altri figli, dimenticando che ogni Persona è uguale solo a se stessa. Tornando alla nostra illustre sconosciuta, la motivazione, è importante sottolineare che non ci si può improvvisare facili profeti del futuro di un giovane, nemmeno con decenni di esperienza di insegnamento alle spalle, e che pertanto un lavoro serio sulle reali inclinazioni e sulle attitudini personali di un giovane diventa indispensabile. Un ragazzo che alle medie si dimostra svogliato e poco studioso, molto probabilmente sarà proprio ciò che sembra, ovvero svogliato e poco studioso, ma chi potrà mai affermare con certezza che il suo rendimento non sia collegato ad un rapporto col gruppo classe difficile e che in altro contesto non possa esprimere al meglio le proprie potenzialità? Viceversa non è scritto in nessun manuale di pedagogia che il figlio di un medico illustre o di un avvocato in carriera dovrà per forza aver ereditato le doti intellettive genitoriali. A ben guardare qualcosa non funziona, perché è un classico trovare medici figli di medici e professori figli di professori e via discorrendo. J.B. Watson, padre del comportamentismo, affermava che il futuro di un bimbo lo si poteva costruire e determinare a seconda dell’ambiente in cui lo si sarebbe educato. Darwin ha dimostrato che i caratteri ereditari possono essere sia dominanti che recessivi, e nessuno studio ha mai potuto inserire le doti intellettive nell’una o nell’altra categoria. Allora non è eticamente né moralmente corretto da parte di genitori e di insegnanti imporre scelte o precludere possibilità a nessun giovane. Il bello della vita è che, qualche volta, ancora può sorprendere specialmente se hai la fortuna di avere ancora tredici anni.