Il Vangelo della Domenica, commento Abbazia Della Scala

“E noi che cosa dobbiamo fare?”dal Vangelo di Luca Cap. 3, 11-18

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo. “Parola del Signore”  “Lode a Te, o Cristo”

Domenica scorsa abbiamo visto come Giovanni ha esortato alla conversione, ovvero a cambiare modo di vivere, ma senza specificare in cosa consista. Oggi veniamo a saperlo. Le folle che si erano radunate intorno a Giovanni, presso il fiume Giordano, lo interrogano: «Che cosa dobbiamo fare?». E lui risponde: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Tra le folle ci sono anche dei pubblicani, ossia esattori delle tasse (gente particolarmente malvista perché erano ebrei che riscuotevano le imposte per conto dell’oppressore, Cesare, e spesso ricavandone un notevole margine di guadagno e alla domanda: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?» ricevono la risposta: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». In ultimo si fanno avanti dei soldati sempre con la stessa domanda e ricevono la risposta: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Le tre risposte, a ben vedere, hanno un elemento comune, quello della giustizia. Dal dizionario leggiamo che la giustizia è un ‘principio etico che consiste nel riconoscere e rispettare i diritti di ogni singolo individuo, valutando correttamente i meriti e le colpe di ognuno’, come, infatti, recitava uno dei principi giuridici del diritto romano: Iustitia est constans et perpetua volutas ius suum cuique tribuendi, ossia “la giustizia consiste nella costante e perpetua volontà di attribuire a ciascuno il suo diritto” cioè, quanto gli spetta.  Giovanni, dunque, esorta ad essere giusti, invita alla conversione, al cambiamento, a passare da un comportamento ingiusto – agire avidamente, da sopraffattori, da violenti – a un comportamento giusto – condividere, rispettare l’altro. Questo perché sta per arrivare il Cristo che ha in mano la pala e, come un contadino, farà la trebbiatura sull’aia per separare il frumento dalla paglia, ossia i giusti dagli ingiusti. Sì, quando verrà il Cristo, perché Giovanni non è il Cristo come pensavano tutti i presenti; è lì soltanto a preparare il popolo al giudizio di Cristo. Cristo è più forte di lui, superiore, battezzerà, cioè purificherà non più con l’acqua ma con il fuoco e lo Spirito Santo.   Cristo è poi venuto ed era Gesù. Ad oggi sono quasi duemila e dieci anni fa e sorge la domanda: dov’è il giudizio, poiché c’è ancora chi opera sopraffazione, avidità, violenza, dunque nulla di nuovo sotto il sole? C’è la tendenza, generalmente, a vedere sempre ciò che è negativo nella realtà, ma è altrettanta realtà che c’è chi opera per la solidarietà, per il rispetto degli altri. La domanda, tuttavia, ritorna: dov’è il giudizio, quando finalmente si farà giustizia sulla terra? La risposta è che l’annuncio di Giovanni rimane valido ancora oggi, perché il giudizio è sempre prossimo. Sarà quando finirà il mondo perché ciò che nasce termina sempre e se così non dovesse essere, termina comunque il mondo di ciascuno: noi moriamo, allora faremo l’esperienza del giudizio sulla nostra vita, su come l’abbiamo trascorsa, su come ci siamo comportati: Ecco, io verrò presto e porterò con me il mio salario, per rendere a ciascuno secondo le sue opere. Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il principio e la fine. Beati coloro che lavano le loro vesti: avranno parte all’albero della vita e potranno entrare per le porte nella città. Fuori i cani, i fattucchieri, gli immorali, gli omicidi, gli idolàtri e chiunque ama e pratica la menzogna! (Ap 22,12-15).Questa è la fiducia di noi cristiani, vivere per sempre – l’albero della vita – davanti al volto di Dio. Ma per chi non crede e sa di dover morire e per questo vive per godere massimamente il tempo – Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol essere lieto, sia: di doman non c’è certezza – cosa resta? Resta di aver scelto una ‘morte immediata’ quando, sebbene vivi, cercheranno i momenti di piacere che hanno scelto di vivere, attraverso la sopraffazione, la violenza, il non rispetto verso l’altro. Questi saranno surclassati da molti altri momenti d’invidia, gelosia, che procureranno rabbia, perché ciò che hanno scelto non dura e alla fine sanno che anche loro non dureranno. Padre  Antonio  Cassano