Green-energy italiana: quali le forme di energia sostenibile e cosa accade negli altri Paesi

Paolo Campanile

Ultimamente in Italia è tornato d’attualità discutere sull’esigenza di costruire centrali nucleari nel nostro Paese cercando di farle passare come una soluzione a tutti i nostri problemi di energia. Siamo sicuri di questo? Siamo certi che possa essere la soluzione per i nostri problemi di dipendenza per la fornitura di energia elettrica? Di certo comprare a caro prezzo l’energia prodotta dalle centrali nucleari dei Paesi confinanti è sicuramente anti economico e risulta una strategia controproducente; d’altro canto è analogamente insensata la linea di pensiero che asserisce il nucleare come fonte d’energia pulita. Puntare nelle risorse alternative, come già molti stati fanno tra cui Stati Uniti, Germania e Cina, significa credere in un settore ove l’Italia potrebbe emergere come leader data la morfologia del suo territorio. Il nucleare significa costi enormi nell’edificazione e nella gestione degli stabilimenti ma, particolarmente rilevanti, sono anche i costi per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. Le ultime notizie provenienti dalla Gran Bretagna dichiarano che il governo inglese ha stanziato 18 miliardi di sterline (pari a 20.105.000.000 di euro, non pochi in questo periodo di crisi economica)  per affrontare l’emergenza dei rifiuti radioattivi delle centrali nucleari di nuova generazione: è prevista infatti l’edificazione di un bunker sotterraneo dedito allo stoccaggio di tali rifiuti. Il ministro per l’Energia e i Cambiamenti Climatici, Ed Miliband, darà il via alla costruzione di un deposito geologico che dovrà contenere le 200 tonnellate di scorie ad alto livello prodotte annualmente da 10 nuovi reattori programmati in Inghilterra. Il combustibile esaurito resterà radioattivo per 100 mila anni. Nella nuova struttura verranno anche stoccati in via permanente 5 mila fusti di rifiuti radioattivi accumulati nel corso dei passati programmi civili e militari, oggi depositati presso l’impianto nucleare di Sellafield. Alcuni ambientalisti sostengono che non c’è bisogno di ricorrere al nucleare visto che le “fonti verdi”, come l’energia eolica, potrebbero soddisfare la domanda di energia della Gran Bretagna. Intanto Greenpeace critica il governo per non aver ancora presentato una soluzione soddisfacente per garantire la tutela ambientale dai rischi dei rifiuti radioattivi. Le centrali nucleari italiane (chiuse dopo il referendum del 1987) hanno prodotto in pochi anni 60.000 metri cubi di rifiuti radioattivi di seconda e terza categoria, ai quali vanno aggiunte 298,5 tonnellate di combustibile irraggiato, 2 mila metri cubi di rifiuti radioattivi di origine medica e sanitaria o creati durante le attività di ricerca o simili, rottami metallici, vecchi quadranti luminescenti, parafulmini e, infine, 500 tonnellate di nuove scorie prodotte ogni anno da ospedali e aziende. Come considerarci nazione contro il nucleare quando poi vi sono ancora depositi nel nostro paese? Soprattutto, in questo clima di attacchi terroristici, perché lasciare del materiale così pericoloso in strutture tecniche non in grado di resistere ad eventuale attentato e con bassi livelli di sicurezza? Nel nostro paese sono 20 i siti di stoccaggio a tempo indefinito sparsi in 11 regioni e tra questi, almeno 11 con inventario radiologico altamente significativo. Potenziare e incrementare i fondi per lo sviluppo sostenibile delle fonti rinnovabili, al contrario della dispendiosa e poca sicura energia nucleare, sarebbe secondo il parere di molti esperti la risoluzione più vantaggiosa. Migliorare e costruire nuove centrali idroelettriche si tradurrebbe, ad esempio, in un incremento della quota di produzione che oggi si appresta al 15% del totale in Italia. Finanziare l’installazione di nuove centrali eoliche e di pannelli fotovoltaici porterebbe al sanamento del divario con gli altri paesi e al contenimento della domanda d’acquisto d’energia. Se la sola costruzione di una centrale nucleare costerebbe agli italiani all’incirca 10 milioni d’euro, con gli stessi fondi si potrebbe rinnovare un settore ancora sottosviluppato con un risvolto positivo anche nel mondo del lavoro creando nuova occupazione. Quando si parla di fonti d’energia alternativa il discorso non si focalizza soltanto sulle tanto pubblicizzate e discusse pale eoliche o pannelli solari; al contrario varie sono le opzioni per la produzione di sustainable green-energy: alla già sopra citata energia idroelettrica, valida alternativa è rappresentata anche dall’energia geotermica, dall’energia prodotta dal moto ondoso e infine dall’energia ricavata dalla biomassa e dai biogas, escamotage tanto cara alle amministrazioni pubbliche per risolvere il sempre onnipresente problema dei rifiuti urbani. Le soluzioni sono varie e indubbiamente attuabili in tempi brevi; tali posso avere un riscontro positivo sul nostro territorio con un impatto ambientale sicuramente diverso. Basterebbe soltanto avere un po’ d’interesse in più nell’attuare codeste riforme.