Salerno:Il Catalogo presenta Sergio Scatizzi

In contemporanea con la personale che la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti dedica a Sergio Scatizzi, protagonista tra i più significativi e complessi del Novecento toscano, composta di opere del nuovo millennio, in cui questo giovane novantenne, ha dipinto con foga visioni su visioni, brani di natura attraversati ed aggrediti quasi dall’irruenza del segno e del colore, che diviene sempre più spesso elemento dominante, dialogando con netta prepotenza con le scansioni lineari, in cui quasi per magia si ripartisce l’immagine, Il Catalogo, da sabato 14 novembre, con inaugurazione alle ore 18,30, sino al 4 dicembre, omaggia uno dei suoi più cari amici con l’esposizione di diciotto delle sue “Carte dipinte”, create negli anni ’90 e presentate per la prima volta nel 1991 dalla Galleria “Moutinas” di Los Gatos in California. E’ questo, uno Scatizzi che dipinge a olio su di una particolare carta proveniente dalla Francia, impregnandola della sua personale, abbacinante sfera cromatica, pervasa dal corroborante profumo della natura.  Una bellezza en plein air, questa delle “carte francesi”, intrisa di luce, testimoniata dai diversi verdi, e terre senesi, rosa, magenta, gialli, azzurri,  in cui procede senza disegno, poiché scrivere o predisporre parzialmente verrebbe a creare una dicotomia frenante a modellare con le spatole e i coltelli, serbando ai piani e alle loro articolazioni e svolte, una spontanea insorgenza e un organico assestamento, operando sulle orografie cromatiche con colpi di pennello e di stecca, che spesso formano armature sottostanti e avvolgenti delle linee spaziali, sempre adunche e vibranti come ferite o come leggeri arpeggi di toccata. Nella pittura di Scatizzi cogliamo l’essenza della civiltà toscana, ovvero quel connubio fra l’uomo e il mondo naturale, in cui l’individuo non viene schiacciato da uno scenario cosmico, né viene spinto a ricavarsi un ricettacolo dall’ostilità degli elementi, ma si colloca, nei confronti della natura con la dignità di un suo pari contemplandola dal suo punto di vista, quale complemento di sé.

La profondità, dunque, non è nel vuoto intorno alle cose, ma “dentro” la materia del colore, e non è soltanto densità, ma struttura quasi cristallina delle masse coloristiche. Con la sua tecnica, che è un vero e proprio “fare”, suscitato dalle forze profonde dell’essere – la sensazione rimane sensazione, non si precisa in nozione – il Maestro ci accompagnerà in questa straordinaria sintesi del paesaggio, in questa supremazia estetica dell’intelletto, in questa sobria e accattivante artisticità della natura,  guidati dal suo tocco veloce e determinato, dal suo colore, rispondente alla necessità di ottenere quella resa ottica del vero che coincide con la sua ricerca artistica. Si assiste ad uno spostamento verso l’alto dell’orizzonte, dello spartiacque tra terra e cielo, con il risultato che il testo in primo piano sembra quasi ribaltarsi verso chi guarda, ottenendo così un intenso coinvolgimento emotivo che riesce a farti scorgere i messaggi più riposti. I temi rappresentati sono consueti per l’artista: pagine di natura dalla campagna toscana e dai dintorni di Firenze, ai quali è collegata la riflessione di ogni uomo sulla natura delle cose, una natura tutta viva, tutta animata sulle tracce di Giordano Bruno, mai illustrazione di facili malinconie, ma immagine profonda, scavata nell’abisso di un cuore grande ed avido di risposte, sensibile e colto, antico nella sua modernità.