Sassano: allegramente verso il rinnovo del consiglio comunale

 Roberto De Luca

I Romani pensavano che la Storia (quella scritta con la lettera maiuscola) potesse insegnare qualcosa agli uomini. E, se credevano ciò, un motivo forse c’era. Oggigiorno, tuttavia, sembra che neanche la storia recente riesca a scalfire le coscienze, l’essenza delle quali si indurisce sempre di più in questo mercato globale della dignità. E perciò Sassano andrà di nuovo, allegramente e senza considerare quanto avvenuto in questi ultimi anni, verso le elezioni amministrative per il rinnovo del Consiglio Comunale, proprio al ritorno delle rondini (quelle che rimangono dopo la strage impunita del 2008) la prossima primavera, quella del 2010. E bene fa Aldo Bianchini a consigliare a chi scrive di raccontare le cose che si conoscono bene. Ed è per questo che ho deciso di raccontare un po’ di storia recente di questo paese con un numero di abitanti di poco superiore alle 5000 unità. E se racconto queste cose è per l’amore che provo nei confronti di questa comunità, perché essa possa prendere coscienza di una parte, anche se minima, della verità che la riguarda. Questa collettività, nella legislatura in corso (2005-2010), è stata rappresentata da un unico listone onnicomprensivo, consistente dell’amministrazione uscente, sia nella sua parte di maggioranza, sia nella sua forma di minoranza. Questo a garanzia della legittimità del sospetto di coloro i quali pensano che non vi sia mai stata un’opposizione vera in questo paesino negli ultimi decenni. I tristi primati raggiunti da questa cittadina sono stati più volte enumerati in queste stesse pagine. Tra questi il più triste è la recente collocazione del paese nell’ultimo posto nella graduatoria locale per quanto riguarda il reddito pro-capite ed il non invidiabile primato della foto vincitrice del concorso nazionale “Nonsolopuntaperotti”, svoltosi a Milano nel marzo 2009. Nella terza edizione di questo concorso fotografico, indetto dall’associazione “Verdi ambiente e società” (VAS), col patrocinio del Ministero dell’Ambiente, la giuria ha premiato tre fotografie “ex equo”: la prima, scattata da Gaetano D’Amato, ritrae lo scheletro di quella che sarà la nuova casa comunale di Sassano (chiamata ormai da tutti “ecomostro di Sassano”), la seconda le abitazioni a gradoni sul lago di Como e la terza il cementificio di Sapri. Intorno a questa vicenda si è costituito un gruppo su Facebook, coordinato dal dott. Nicola Trotta. Attraverso questo strumento molti sottoscrittori stanno ora chiedendo l’abbattimento dell’ecomostro.Tra gli altri eventi raccontati figurano i ripetuti episodi di inquinamento delle acque dei fiumi tanto che la stampa si è interessata, nel corso del tempo, ai fenomeni di morie di pesci nei corsi d’acqua di Sassano e, più in generale, del Vallo di Diano. Basti solo leggere cosa scriveva su La Città del 19 luglio 2007, a pag. 36, Salvatore Medici, un noto operatore dell’informazione del luogo, che ha anche condotto una dettagliata inchiesta sull’inquinamento da materiale tossico delle nostre campagne scoperta dopo l’inchiesta Chernobyl:“Ancora pesci morti nelle acque del Vallo di Diano. Questa volta il canale interessato è il lagno Termine, affluente del fiume Tanagro nella piana tra Sala Consilina e Teggiano, nelle vicinanze del sito dove è ubicato il traliccio che ospita la cicogna bianca: una zona che da alcuni anni è al centro dell’attenzione per l’evento costituito dall’arrivo della coppia di cicogna e dalla nascita dei piccoli; una zona, insomma, da considerare simbolica e dunque da proteggere, ma che invece non è per nulla tutelata… Gli episodi si ripetono nel tempo: prima a Silla di Sassano, poi tra Sassano e Teggiano, poco tempo fa tra San Pietro al Tanagro e Sant’Arsenio fino a Polla e ieri tra Teggiano e Sala Consilina. La presenza di pesci morti è la spia più evidente. I corsi d’acqua che attraversano il comprensorio del Vallo di Diano sembrano essere continuamente minacciati e con essi l’intero ecosistema”. In particolare, per quanto concerne lo stato dei corsi d’acqua di Sassano, dobbiamo dire che esso è pessimo: in alcuni fiumi qualche abitante del luogo parla di “veleno assoluto”. Interi fiumi, una volta grondanti di vita, oggi sono completamente morti. Per alcuni corsi d’acqua un recupero sembra ormai impossibile, in quanto le continue ingenti captazioni, che hanno occultato in condotte sotterranee l’oro blu del terzo millennio, prima distribuito in rivoli e fiumiciattoli in una stupenda sintesi di ingegneria idraulica naturale, rende vano qualsiasi tentativo di rigenerazione per mancanza di una portata media minima per tale recupero. Per altri fiumi, invece, ancora serbiamo qualche speranza, sempre che si vogliano definitivamente eliminare le fonti di inquinamento stabilizzato. Anche in questi casi, la mancanza di lungimiranza della pseudo-politica locale, che ha lasciato fare, per incapacità e convenienza, ha determinato un depauperamento sociale ed economico non indifferente. Gli sforzi, invece, andavano indirizzati alla preservazione del patrimonio ambientale e del paesaggio, ormai completamente abbrutito dai capannoni selvaggi, costruiti dappertutto, alcuni anche in modo completamente abusivo. Questo andava fatto per rendere più godibile a eventuali visitatori un’area contigua al Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. Vi sarebbe stata, infatti, una ricaduta occupazionale maggiore attraverso l’incremento delle attività agrituristiche e ricettive. Invece il capannone selvaggio servirà a drenare fondi pubblici nell’immediato, ma non potrà mai integrarsi in una strategia di sviluppo locale, tuttora ancora assente. Ma il perché dell’assenza di tale strategia dobbiamo ricercarlo nella storia recente. Ma questa, citando l’ottimo Carlo Lucarelli,  è una storia a parte.