Università e riforma-Gelmini, bene, ma…!

 Michele Ingenito

Dunque, il disegno di legge-Gelmini di riforma dell’università è stata benedetta, a quanto pare, anche dalla CRUI, Conferenza Permanente dei Rettori, presieduta dal lumbàrd Enrico Decleva. Con il consenso convinto, si presume, del suo vice, il rettore salernitano Raimondo Pasquino. Quali i punti cardine della riforma annunciata? Potremmo riassumerli in due parole: autonomia e responsabilità. In dettaglio, la Gelmini punta ai seguenti obiettivi: eliminazione dei finanziamenti a pioggia che, a tutt’oggi, prescindono stoltamente dai risultati raggiunti  o meno che siano (una mostruosità tutta italiana che ha favorito e favorisce clientele, dispetti, piccole o grandi vendette tra poveri, semplicistiche valutazioni pilatesche di progetti scientifici). Ne siamo – ti pareva – testimoni diretti. Tempo fa presentammo un progetto di ricerca per il quale ricevemmo finanziamenti da miseria. Viaggiammo per anni tra Europa e America, nonostante tutto, spesso sacrificando le vacanze estive, per raccogliere fonti e testimonianze dirette e quasi del tutto estinte; rimettendoci in buona parte, per ciascuna missione, di tasca nostra. Nel caso specifico osammo una volta contestare formalmente i ‘lavori’ della commissione, sempre la stessa, per l’assurdità dei criteri di finanziamento adottati, senza una adeguata valutazione del nostro progetto. Ci risero in faccia. Salvo, poi, a ricevere anni dopo le scuse di un suo componente, autocritico e onesto rispetto agli altri. Ma solo perché a conoscenza, tempo dopo, a ricerca conclusa e pubblicata, di un riconoscimento scientifico internazionale, con tanto di interviste RAI, articoli sui giornali e bla bla bla del genere. Per lo stesso premio in precedenza assegnato a ‘gente’ come Andrea Camilleri o al Nobel Dario Fo, alle riviste “Punch” , “Le Canard Enchaîné” o “Private Eye”, a Leonardo Sciascia come a Gore Vidal, a Indro Montanelli come a Enzo Biagi, a Ralph Steadmann come a Igor Smirnov; e così, via via, fino ad Alberto Arbasino, Steve Bell, Roberto Benigni, Nanni Moretti, Sergio Saviane, eccetera, eccetera. Tutti premiati, ovviamente, nell’ambito dei rispettivi settori di competenza: artistica, giornalistica, narrativa, cinematografica, teatrale, critico-letteraria o, più in generale, culturale e scientifica. Ci scusiamo per l’autocitazione. Ma l’esempio è eloquente per descrivere un sistema superato, che non riguarda solo l’Università di Salerno. Bensì la stragrande maggioranza degli atenei italiani. Ancora oggi, e qui non c’entrano le sedi accademiche periferiche, il Ministero finanzia progetti PRIN non sempre corrispondenti alle magniloquenti presentazioni iniziali. Si attribuiscono, così, centinaia di migliaia di euro per ricerche di archivio di uno o massimo due anni che, spesso si risolvono in un polpettone conclusivo fatto di belle di parole. Guardacaso a vantaggio delle solite eminenze accademiche funzionali al sistema. Ben vengano, dunque, l’abolizione dei baronati e delle dinastie, anche con il consenso (sia pure formale) di chi ne ha beneficiato e tuttora ne beneficia. Ben venga l’obbligo della certificazione delle presenze alle lezioni (di questi giorni basta farsi un giro per le aule delle nostre università per verificare quanti collaboratori si sostituiscono ai titolari dell’insegnamento dai quali ‘dipendono’. Soprattutto per i corsi di supplenza, cioè corsi istituzionali quasi sempre retribuiti, per i quali i soliti peones fanno lezione mentre i registri ufficiali vengono poi sottoscritti dai titolari effettivi! Ben venga, allora, il tempo pieno uguale per tutti, senza che i docenti votati alla libera professione ricorrano al ‘trucco’ legale della rinuncia alla indennità. Ben vengano due soli mandati per i rettori e tutto il resto voluto dalla Gelmini. Restano da chiarire alcune cose. Va bene, anzi benissimo la valutazione degli studenti sui professori. Bisogna evitare, però, contromosse pericolose da parte dei diretti interessati. In questo caso i docenti o parte della categoria. Infatti è atavico il problema dei colleghi non stanziali i quali, viaggiando avanti e indietro e per lunghe distanza, evitano le grane di una didattica seria e impegnativa. Optano, quindi, per promozioni collettive, incamerando l’automatica gratitudine degli studenti. Quali tra questi oserebbe, infatti, giudicare negativamente chi li ha gratificati in massa agli esami? Obbligo di residenza effettiva, dunque, per i professori universitari nella sede di lavoro, visto che nessun rettore applica seriamente la norma già esistente. Perderebbe clientela al momento della rielezione! Viceversa, il rigore dovuto e regolarmente applicato dai docenti più scrupolosi e quasi sempre stanziali, produrrà sempre, più prima che poi, una qualche protesta e conseguenti valutazioni negative, ancorché non oneste e obiettive. E’ capitato e capita a molti di noi. Specie quando presidi cialtroni, farabutti e senza spina dorsale, magari sostenuti e pilotati dal burattinaio che li sovrasta, fingendo paternalismo e comprensione, danno credibilità a piccoli branchi di sfaticati bene inseriti nel sistema clientelare. Pilotandoli contro il prof. Tizio o il prof. Caio al solo scopo di delegittimarli per poi sostituirli. Un giochino che, per fortuna, funziona raramente. Tranne che in ricchissime realtà accademiche governate da gente funzionale ad altri poteri non sempre nominabili e, quindi, a sua volta ‘costretta’ a irrorare di colla quotidiana la propria poltrona pur di gestire e orientare le ingenti risorse dello Stato sui sempre più affamati campus universitari del paese. Talvolta con la connivenza tacita di altri organi esterni, grati a mamma-università per il solito pezzo di carta fasullo, ma utilissimo per velocizzare la propria carriera. Poi dicono la DIA e tutto ciò che ne consegue. Altra novità interessante di questo disegno di legge sull’università riguarda la retroattività degli incarichi ai rettori. Come a dire. Chi, all’approvazione della legge, avrà già svolto due mandati e ne sta svolgendo un terzo, dovrà dimettersi. Per quanto ne sappiamo, la legge non è mai retroattiva. Quindi, nel caso dell’attuale Rettore dell’Università di Salerno Raimondo Pasquino, l’interessato dovrebbe dormire sonni tranquilli. Sarebbe, invero, una autentica beffa per lui doversi dimettere dopo quel pò pò di capriole fatte da chi, presidi di facoltà inclusi, ha trovato l’escamotage statutario giusto per un terzo mandato. Certo, il ministro Gelmini queste cose le sa. E soprattutto i suoi consulenti. Possibile che abbiano preso una cantonata simile? Sul piano giuridico, naturalmente. Mal che vada, però, un sostituto di Pasquino sarebbe già pronto. Anzi pronta. Una preside a lui fedelissima. Rientra nel gioco delle parti e, comunque, è troppo presto per parlarne. Quanto al disegno di legge Gelmini, di questo passo si va dritti (finalmente) verso l’abolizione del valore legale del titolo di studio. Così ogni università – quella di Salerno inclusa – potrà essere finalmente libera di mettere in cattedra chi vuole, nella stessa scia dei ‘magnifici’ esempi forniti da un recentissimo passato. Così come si potrà continuare (è il caso di Salerno) a nominare presidenti e/o componenti di commissioni giudicatrici di esami o prove pensionati e maestre, docenti di discipline altre non autorizzabili o docenti di altre facoltà, tenendo a spasso i titolari effettivi di insegnamento, in barba alle leggi vigenti. Allo stesso modo le università svendute sul mercato della qualità potranno continuare ad inventarsi cattedre inutili in facoltà per loro atipiche. Fingendo di accontenatare la collega frustrata di Pordenone, Palermo o Fondi e, in realtà, preparando il terreno al giovanissimo figlio del potentissimo collega di Campobasso e Canicattì. O, magari, di Torino, destinato a succedere alla sprovveduta di turno e, perciò, impostole come diretto collaboratore. Tanto, la riconoscenza è d’obbligo e, dati i tempi, è meglio prepararsi la ritirata all’insegna del ‘do’ oggi ‘ut des’ domani. A suon di cattedre, s’intende! Un ultimo suggerimento al ministro Gelmini. Visto l’esercito di ‘scienziati’ messi in cattedra nell’ultimo decennio, si studi un meccanismo di verifica effettiva prima o anche dopo l’eventuale avvenuta riconferma. Anche rivisitando seriamente le pubblicazioni a suo tempo presentate ai concorsi-truffa. Perché il problema, cara Gelmini, non è tanto quello di avere ‘sistemato’ un pò di figli e nipoti, mogli e amanti, spesso con nuova, duplice prole da mantenere in contemporanea. Tutti hanno diritto a campare alla fine, checché ne pensi il grande Totò dell’”io pago”! Fin quando questa gente è all’altezza del compito assegnatole, si metta pure da parte ogni discriminazione o pregiudizio per cristiana accettazione. Ma, quando tra questi neo togati e togate dell’accademia più scalcagnata d’Europa si infilano soggetti da Bar Sport o da Circolo del Burraco, la sola idea che saranno loro a formare le nuove generazioni di nostri figli e nipoti fa accapponare la pelle. E’ questo il dramma, il vero dramma della ‘nuova’ università italiana.

 

 

 

 

 

 

 

Un pensiero su “Università e riforma-Gelmini, bene, ma…!

  1. Un breve commento, così come fatto dopo la lettura di un articolo sullo stesso argomento a firma del prof. Ganci: il quadro che esce dell’università italiana dalla lettura dello scritto del prof. Ingenito è, a dir poco, desolante. Tuttavia, quando si ha il fegato di suggerire al Ministro di agire “rivisitando seriamente le pubblicazioni a suo tempo presentate ai concorsi-truffa”, allora bisogna dire che l’uso del vocabolo “desolante” costituisce un eccesso di buonismo.

    Esistono casi di vincitori di concorso (meritevoli!) e mai chiamati in cattedra (forse proprio perché meritevoli?). Ecco, io proporrei, insieme al suggerimento del prof. Ingenito, che il Ministro possa andare a vedere le vere cause di queste “omissioni”. Non che sia possibile porre rimedio oggi. Tuttavia, si potrebbe quantomeno rendere un giusto tributo al merito di questo persone, soprattutto dopo che tanti cosiddetti “scienziati”, citati in modo impersonale dal prof. Ingenito, sono stati prescelti proprio dall’accademia.

    Infine, vorrei porre l’accento su quanto asserito dal prof. Ingenito in questa frase:

    “Soprattutto per i corsi di supplenza, cioè corsi istituzionali quasi sempre retribuiti, per i quali i soliti peones fanno lezione mentre i registri ufficiali vengono poi sottoscritti dai titolari effettivi!”.

    Ebbene, in questa ludica attività si prefigurano vari reati, già oggi punibili (si fa per dire!) dalle leggi attuali, senza dover aspettare una riforma dell’università.

    Complimenti all’autore del pezzo: un chiaro esempio di resistenza da Forth Apache.

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