Nuzzi Gabriella: presente !!

Aldo Bianchini

“Sono ufficialmente inserita nella lista nera dei cattivi magistrati perchè, nel legittimo esercizio delle mie funzioni istituzionali, ho osato indagare su altri magistrati per gravi delitti di corruzione in atti giudiziari, abuso d’ufficio, falso ideologico, omissione in atti d’ufficio, favoreggiamento, calunnia, diffamazione e quant’altro, connessi all’illegale sottrazione a Pubblico Ministero titolare, De Magistris, delle inchieste Poseidone e Why Not e alla loro successiva disintegrazione….”; esordisce proprio così, con una lunga lettera, la dott.ssa Gabriella Nuzzi -sostituto procuratore della repubblica- che avviò un anno fa quell’azione giudiziaria che è passata alla storia come la “guerra tra procure”.  Salerno attaccava Catanzaro che ripondeva con eguale moneta fino a quando un centinaio di carabinieri agli ordini del procuratore capo Apicella e di alcuni suoi sostituti piombarono a Catanzaro per effettuare perquisizioni e sequestri anche presso le abitazioni di singoli magistrati. Un episodio che suscitò scalpore in tutto il Paese. Alla fine Apicella ci ha rimesso le penne e due sostituti, Nuzzi e Verasani, sono stati trasferiti in altre sedi giudiziarie. Al di là degli aspetti meramente giudiziari della vicenda, a mio modesto avviso, Gabriella Nuzzi paga un prezzo altissimo perchè “ha osato voler applicare la legge a tutti i costi”, come Lei stessa dice nella lunga lettera di sfogo inviata ad alcune agenzie di stampa. Il problema è tutto qui, semplice e difficile al tempo stesso. Un magistrato non può non applicare la legge, questo è scontato; ma applicare la legge non sempre è facile e non sempre la sua applicazione è ostacolata (come sostiene la Nuzzi) da intrighi, da regole non scritte, da opportunità, o peggio ancora dalle circostanze che di volta in volta vedono implicati politici, imprenditori e faccendieri. L’applicazione pedissequa della legge deve portare alla cristallizzazione delle indagini in prove certe per decretare la colpevolezza o l’innocenza dell’indagato di turno. Quando il lavoro del PM viene puntualmente smantellato dal GIP o dal GUP (che pure magitrati sono!!) entra in ballo un altro elemento che i sostenitori della pubblica accusa non vogliono manco sentire nominare: la professionalità dell’essere più che dell’apparire, insomma la cultura della giustizia giusta. Questo in generale. Nel caso specifico della Nuzzi, salvaguardando in ogni caso la sua ottima professionalità, va registrato il fatto che la predetta con la vicenda di Catanzaro non è alla sua prima Caporetto. Prima di Catanzaro la Nuzzi si era accanita, e forse anche a ragione, contro l’Amministrazione Comunale di Salerno richiedendo ben tre mandati di cattura a carico di Vincenzo De Luca e Mario De Biase e di altri amministratori. Anche in quella occasione puntualmente il gip di turno, Gaetano Sgroia, smantellò l’essenza dell’inchiesta che era stata avviata addirittura da Filippo Spiezia, rispedendo al mittente le richieste più dure e lasciando solo la possibilità del processo pubblico. Dialettica processuale e giudiziaria, si disse all’epoca; la stessa cosa non l’ha detta invece il CSM per la vicenda Catanzaro riconoscendo, forse, che nel dna dell’inquisitrice ci doveva pur essere qualcosa di negativo nel senso di cattiva visione dell’impianto processuale vero e proprio, al di là degli intrighi, degli ostacoli e dei nomi da non toccare che fanno parte, sicuramente, di un sistema che non può essere additato sempre come una lobbie di malaffare, il sistema può anche essere decisamente lecito e legale. Al grande intuito investigativo non ha fatto seguito una ricerca accurata delle prove.  La rabbia e il rancore  contro un apparato indigesto hanno, forse, tradito la Nuzzi esponendola ai provvedimenti del CSM. Resta il rimpianto per le inchieste della Nuzzi che probabilmente avrebbero scoperto la pentola sempre che le stesse avessero avuto quella serenità e pacatezza che, nelle fattispecie, verosimilmente sono mancate.