D’Alema: non incorona nè boccia De Luca

Aldo Bianchini

Il numero uno del Partito Democratico ha parlato. E lo ha fatto nel modo che solo lui sa fare dall’alto della sua enorme esperienza politica. Massimo D’Alema per ben sessantacinque minuti si è esibito dinnanzi ad una platea sterminata che aveva gremito il rinnovato salone del Mediterranea Hotel. Il mitico “baffino” ha toccato tutti i grandi temi di attualità: la crisi economica, le scelte internazionali, il successo di Obama e il ritardo della “vecchia Europa” troppo vittima delle sue incertezze. Dal successo di Obama – ha detto D’Alema- bisogna ricavare la lezione di come un partito di massa, un partito della sinistra riformista e riformatore deve rapportarsi con la gente per trarne le indicazioni di un disegno alternativo di governo del paese. Ha citato poche volte il nome di Berlusconi e lo ha fatto sempre e solo sul piano politico non toccando minimamente i problemi personali del premier, significando che Berlusconi va sconfitto sul progetto politico e di governo. Con decisione ha aperto le porte a tutti i partiti che si muovono nell’arco che va dal centro verso la sinistra precisando che fare politica vuol dire anche sapersi rapportare con gli altri partiti. “Non si può fare finta che non esiste l’UdC -ha detto- perchè l’UdC esiste ed è sano e vegeto, anzi è il partito che più di tutti in questi ultimi due anni si è allontanato dal berlusconismo imperante e fazioso…”. Dunque anche D’Alema promuove l’UdC a punto di riferimento per qualsiasi alleanza elettorale soprattutto nel mezzogiorno e in Campania dove la sua presenza è corposa. Senza citarlo ha fatto capire a tutti che il progetto veltroniano ha fallito proprio su queste scelte, non si poteva e non si può, nel nome di un esasperato bipolarismo, non riconocere il ruolo che tanti partiti recitano nella società civile. Per rafforzare la sua idea di politica, che è l’arte del dialogo, ha raccontato che suo padre, alto dirigente del PCI, era molto amico di Benigno Zaccagnini (plenipotenziario della DC) con il quale molto spesso scambiava visite familiari. Perchè? Perchè entrambi avevano un  valore comune: la resistenza. Anche se poi nella vita politica pratica erano fieri avversari. Questo è fare politica, ha concluso D’Alema. Fare politica vuol dire -ha continuato- tener sempre presenti i propri valori e la propria storia; anche con la Chiesa, in merito alle scelte per le quali qualcuno invoca sempre “libertà di coscienza” il partito dovrà comportarsi come fece De Gasperi con Pio XII quando alle insistenze del pontefice di fare un’alleanza a Roma con i monarchici il leader DC rispose fermamente picche pur rimanendo cattolico credente. Quasi in chiusura ha parlato delle presumibili candidature regionali affermando che mai darà delle indicazioni personali. “A Salerno avete un leader forte che ha innovato il modo di fare governo, ma le indicazioni debbono venire dalla base”. In pratica devono essere gli uomini del partito a scegliere nell’ottica della prima grande novità che un grande partito di sinistra deve sapersi dare se vuole sopravvivere in una società dove tutto sembra essere stranamente asservito al potere del denaro e non della politica. Dunque D’Alema non boccia De Luca ma neppure lo incorona.