Oculistica: il fenomeno della visione

 Prof.dott. Vincenzo Pagliara

Nelle settimane precedenti abbiamo illustrato l’anatomia dell’occhio. Ricordiamo che vi sono parti accessorie ( palpebre, congiuntiva, apparato lacrimale, orbita, muscoli oculomotori ), la cui funzione principale è protettiva, e parti essenziali dell’apparato visivo ( globi oculari, vie ottiche e corteccia cerebrale visiva ), indispensabili per la visione. Oggi tratteremo un argomento complesso e meraviglioso che è il fenomeno della visione. Ricordo che per circa 20 settimane saranno trattati tutte le patologie più importanti e diffuse dell’oculistica, traendo spunto dalle lezioni tenute all’Università Cattolica, ovviamente in modo semplice e sintetico. In tal modo, conservando le copie di “Controsenso “, avrete un libro di Oculistica per tutti. Il fenomeno della visione si può considerare come la successione di quattro fenomeni elementari: un fenomeno fisico o diottrico, uno sensoriale, uno di conduzione ed uno psichico o di percezione. Ciascuno di questi fenomeni si compie per mezzo di un apparato specifico.

Apparato e fenomeno fisico diottrico

Ha la stessa funzione dell’obiettivo di una macchina fotografica, cioè di formare delle immagini nitide contenute nella membrana sensoriale dell’occhio, la retina. E’ composto da diverse lenti opportunamente distanti tra loro (cornea, cristallino, vitreo ) come un buon obiettivo fotografico.Inoltre vi è un diaframma per regolare la quantità di luce che arriva sulla lastra sensibile ( retina )  per rendere le immagini più nitide: si tratta dell’iride con il foro pupillare. Le fibre muscolari lisce ( involontarie ) dell’iride determinano un restringimento della pupilla, quando c’è molta luce, per evitare l’abbagliamento, ed un allargamento quando la luce ambiente è scarsa. Vi è poi un sistema di messa a fuoco simile all’autofocus della macchina fotografica, per gli oggetti posti alle varie distanze, grazie al meccanismo dell’accomodazione dovuto all’ aumento della curvatura del cristallino, che avviene automaticamente. Per capire meglio il concetto di “accomodazione”, è necessario parlare di “punto remoto” e “punto prossimo”. Il “ punto remoto “  nell’occhio emmetrope (cioè con una vista perfetta)  allo stato di riposo accomodativo si trova all’infinito, ed i raggi paralleli si riuniscono a fuoco sulla retina. Se un occhio emmetropie guarda ad una distanza finita, cioè più vicino, dovrà “accomodare” per mettere a fuoco le immagini, cioè effettuare un adattamento rifrattivo, grazie al cristallino, tanto maggiore quanto più vicino e l’oggetto. Quando un oggetto è alla distanza di in metro, l’occhio accomoda per una diottria, se è a 50 cm per 2 diottrie, ecc.Il “punto prossimo”  è il punto più vicino che l’occhio riesce a vedere, mettendo a fuoco sulla retina i raggi divergenti. E’ più vicino quanto maggiore è il potere rifrattivo, poiché sappiamo che quando un oggetto è troppo vicino gli occhi convergono ed a un certo punto non riusciamo più a vederlo, provando fastidio. Il “potere accomodativo” è il massimo aumento della rifrazione durante l’adattamento rifrattivo. Il “campo di accomodazione” è la distanza tra punto remoto e punto prossimo. Perché ho cercato di chiarire questi argomenti un po’ complessi? Per comprendere il difetto della vista (vizio di rifrazione) più diffuso,  che praticamente appare “inesorabilmente” in tutte le persone che hanno superato i 40-45 anni di età. Si tratta della presbiopia, dovuto all’invecchiamento del cristallino, che diventa sclerotico, cioè meno elastico, e pertanto diminuisce la sua capacità di accomodare, cioè di mettere a fuoco i caratteri e gli oggetti più vicini, ma si vede meglio allontanandoli. Fortunatamente è un difetto di vista di solito facilmente correggibile con lenti per vicino (convergenti, biconvesse), che suppliscono alla riduzione dell’accomodazione. Anche negli operati di cataratta viene meno l’accomodazione, poiché il cristallino viene sostituito con una lentina intraoculare (IOL), e quindi sono sempre necessari gli occhiali da vicino. E’ preferibile che sia l’ottico a realizzarli, tenendo conto della distanza interpupillare, delle frequenti differenze tra i due occhi, dell’eventuale presenza di astigmatismo, e “montando” lenti di qualità, possibilmente con antiriflesso ed antigraffio. Tutte queste caratteristiche non sono presenti negli occhiali “premontati”, in vendita praticamente ovunque, che possono essere adoperati come occhiali “di scorta”. Di accomodazione, messa a fuoco, raggi convergenti e divergenti, lenti (biconcave, biconvesse,toriche) e degli altri difetti della vista (vizi di rifrazione come miopia, ipermetropia, astigmatismo, ecc.), parleremo nelle prossime settimane.

Apparato e fenomeno sensoriale

L’immagine degli oggetti esterni, formata dal sistema diottrico dell’occhio, nell’occhio emmetrope (normale) viene messa a fuoco sulla retina, la membrana sensoriale della visione, simile alla pellicola di una macchina fotografica. Su di essa, per effetto dello stimolo luminoso, avvengono fenomeni fisico-chimici ed elettromotori, per cui si originano degli impulsi che, attraverso i nervi ottici e le vie di conduzione, vengono portati alla corteccia visiva cerebrale, situata nei lobi occipitali. Ecco perché, in caso di trauma in tale sede, cioè poco più in alto della nuca, si può perdere la vista. Le variazioni elettriche suddette si possono registrare a livello della retina con  l’elettroretinogramma (ERG), ed a livello della vie ottiche e della corteccia visiva con l’elettroencefalogramma o con i potenziali evocati visivi (PEV). Si spiega perché, in oftalmologia legale, per accertare se una persona ha i requisiti per ottenere l’invalidità, a volte si richiedono tali esami.

Apparato e fenomeno di conduzione

Gli stimoli originati nella retina per effetto della luce vengono trasmessi ai nervi ottici, quindi al chiasma, alle bandellette ottiche fino alla corteccia dei lobi occipitali. Le vie ottiche funzionano come un cavo elettrico che collega l’occhio al cervello, consentendoci di vedere.

Apparato e fenomeno di percezione

L’occhio funziona come un mezzo di trasporto dell’immagine e degli stimoli visivi, ma la visione vera e propria è un fenomeno “centrale”, cioè è il cervello che trasforma le sensazioni raccolte dalla retina in “percezioni”, e che quindi ci fa “vedere”. I lobi occipitali sono collegati ai centri cerebrali superiori, che ci consentono di ricordare quanto abbiamo visto. Bisogna sapere che esiste una cecità corticale, quando vi è un danno di tali strutture nervose.Nella percezione visiva intervengono tre processi, il senso luminoso, il senso cromatico ed il senso delle forme o acutezza visiva. Tali argomenti saranno trattati la prossima settimana, e nelle successive si parlerà delle ametropie o vizi di rifrazione, che più semplicemente sono la miopia, l’ipermetropia, l’astigmatismo e la presbiopia, molto interessanti perchè riguardano la maggior parte di noi, che viviamo nell’era della comunicazione visiva.

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