Cilento: gli anfibi nel Parco Nazionale

 Dopo un anno e mezzo di studi, è appena terminato il progetto di ricerca riguardante il censimento e la distribuzione delle varie specie di anfibi nel territorio del parco, con il coordinamento scientifico del dott. Antonio Romano dello Studio Naturalistico Hyla, e il patrocinio della Societas Herpetologica Italica. La corretta gestione delle aree protette è imprescindibilmente legata alla conoscenza qualitativa e distributiva delle specie in esse presenti. Senza questa conoscenza di base che risponda alle due apparentemente semplici domande del “cosa c’è?” e “dove si trova?”, qualunque intervento gestionale e/o di protezione è, infatti, del tutto inapplicabile. Grazie al progetto di ricerca, da una conoscenza lacunosa della distribuzione degli Anfibi nel territorio del Parco, si è passati all’acquisizione di una notevole quantità di dati che, permettono di avere un primo quadro chiaro e parzialmente esaustivo su questo argomento: 167 siti inediti di presenza e/o riproduttivi di Anfibi per un totale di 237 records inediti di specie. Il progetto sugli Anfibi del Parco si inserisce in un quadro internazionale di sempre maggiore attenzione verso questi simpatici e spesso poco noti animaletti. Infatti, negli ultimi decenni si è sempre più diffuso l’interesse verso questa classe di vertebrati tradizionalmente poco o mal considerate. Nei confronti degli Anfibi vi è stata una vera e propria impennata di studi e ricerche, in parte motivata dal diffondersi dei preoccupanti dati sulla loro situazione mondiale. Dagli anni ’80, infatti, sono considerati universalmente come il gruppo di Vertebrati i cui componenti sono più seriamente esposti a rischio di estinzione. Questo declino su scala mondiale viene oggi espresso con l’acronimo G.A.D. (Global Amphibian Decline) ad indicare che in pericolo non sono più soltanto le specie o le popolazioni più strettamente interagenti con l’uomo o con attività ad esso collegate ma anche quelle di ampie zone considerate “integre”. Tra le principali cause accertate del G.A.D ricordiamo: l’alterazione e la distruzione degli ambienti naturali; l’inquinamento sia idrico che atmosferico; le piogge acide, le epidemie virali, batteriche o micotiche; l’introduzione di specie alloctone predatrici o competitrici; l’incidenza delle radiazioni UV-B. Inoltre, data la peculiarità degli Anfibi di svolgere parte del proprio ciclo vitale in acqua e parte al suolo, risultano essere tra i migliori bio indicatori dello stato di salute dell’ambiente in cui vivono, fornendo una informazione “integrata” e d’insieme che altri gruppi, esclusivamente terrestri o acquatici, sono impossibilitati a dare.  Nel Parco sono state censite 11 specie di anfibi: 4 urodeli e 7 anuri.Sono presenti specie estremamente importanti dal punto di vista conservazionistico e rigorosamente protette dalle normative Europee, quali la Salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata), il Tritone crestato italiano (Triturus carnifex) e l’Ululone appenninico (Bombina pachypus), nonché considerate in pericolo di estinzione dalla IUCN (il più alto organismo internazionale per la conservazione della natura), come l’Ululone appenninico, inserito nella lista delle specie Endangered (in pericolo di estinzione).Oltre a queste tre specie particolarmente protette e minacciate sono presenti anche la Salamandra pezzata, (Salamandra salamandra), il Tritone italico (Lissotriton italicus), il Rospo comune (Bufo bufo), la Raganella italiana, (Hyla intermedia), la Rana dalmatina (Rana dalmatina), la Rana appenninica (Rana italica), la Rana di Berger (Pelophylax bergeri)e la Rana di Uzzel (Pelophylax kl. hispanicus).La specie più diffusa risulta essere il Tritone italico,che frequenta habitat acquatici estremamente vari; ma anche la Salamandrina e la Rana italica risultano essere molto più comuni di quanto ritenuto in precedenza.Per il comprensorio dei Monti Alburni, il massiccio più interno e settentrionale del Parco, erano precedentemente ritenute assenti alcune specie (Salamandra pezzata e Salamandrina dagli occhiali) mentre altre (Raganella italiana e Rana appenninica) erano considerate distribuite solo al margine degli Alburni. Tuttavia, lo studio ha accertato l’attività riproduttiva sugli Alburni anche di Salamandra pezzata e Salamandrina dagli occhiali, mentre la Raganella e la Rana appenninica sono risultate essere abbastanza diffuse nel comprensorio. Al contrario, frequente sugli Alburni ma estremamente localizzato nel resto del Parco, è il Tritone crestato italiano. Nel Parco, inoltre, sono state individuate delle aree ristrette di particolare pregio in considerazione del numero di specie di Anfibi presenti. Il territorio del Parco presenta una estrema varietà di habitat acquatici in cui si riproducono gli anfibi. Dai grandi fiumi ai piccoli torrenti montani, dai fontanili-abbeveratoio agli antichi pozzi in pietra, dagli stagni e prati allagati, alle peschiere alle sorgenti. Durante lo studio è emersa l’estrema importanza degli habitat artificiali (fontanili, pozzi, cisterne, peschiere) per la riproduzione degli Anfibi. Tuttavia l’abbandono delle tradizionali attività agricole e della pastorizia mina l’integrità di questi manufatti, che nel tempo tendono ad interrarsi o a perdere la capacità di conservare l’acqua. Una corretta gestione e manutenzione di questi piccoli habitat artificiali assume, dunque, un ruolo di estrema importanza, oltre che culturalmente come testimonianza delle civiltà contadina, anche per la conservazione di un patrimonio faunistico di grande valore, come quello degli Anfibi. Il prossimo passo sarà, quindi, la messa a punto di linee guida per la corretta gestione dei siti artificiali per la riproduzione degli Anfibi e la formazione del personale di quegli enti, come le Comunità Montane, che sono responsabili della manutenzione di tali manufatti.