Salerno: Castellana scrive alla coppia gay aggredita ad Agropoli

 «Probabilmente i due turisti svedesi che sono stati aggrediti ieri sulla spiaggia di Agropoli pensavano che essere vicini a Elea potesse significare godere di una protezione culturale che li tenesse al sicuro dalle azioni dei “commando omofobi”. Non è stato così. Non poteva essere così. La confidenza col proprio sé, la serena capacità di convivere con la propria identità, l’armonia di un’esistenza che non conosce il terrorismo dei ruoli determinati dalla società del capitale sono modelli culturali troppo distanti, cari amici svedesi. Quei ragazzi riuniti in gruppo hanno avuto l’ingenua sensazione di ritrovare la loro vagheggiata identità-forte aggredendo voi, e cioè aggredendo ciò che nel loro fondo oscuro li dilania e li terrorizza, quell’ospite sconosciuto che li abita e a cui essi non sanno dare nome. Il simbolo della loro “paura di essere” ha preso corpo improvvisamente di fronte alla vostra rilassata sicurezza e quindi per loro era necessario compiere un esorcismo collettivo, un rito tribale che servisse da un lato a riaffermare la propria identità (individuale ma anche sociale) intorno al corpo della vittima e dall’altro a espungere da se stessi il dubbio visto come il maligno. Aggressioni simili hanno sempre la stessa radice e quindi la stessa motivazione: ciò che è diverso da me mette in crisi il mio precario equilibrio identitario e se non ho la capacità di gestire il confronto metabolizzando le informazioni estranee al mio sistema culturale, se i dati che mi arrivano dall’incontro con l’altro mi entrano in circolo come un virus, ecco che attivo il mio sistema immunitario: immediatamente reagisco allontanando da me ogni elemento che mette in pericolo il mio assetto. Così avviene nell’incontro con i gay, così con gli extracomunitari, così, in genere, con ogni figura portatrice di una idea “altra”.  Mi resta solo di chiedervi scusa, quindi, cari amici svedesi, se quell’idea avanzata di conoscenza che mosse i pensatori della scuola eleatica  è restata lettera morta per quei poveri ragazzi. Ma non è colpa loro se oggi nella differenza essi vedono solo un pericolo e non un arricchimento: l’alterità e la diversità sono valori che non si apprendono stando da soli di fronte a uno schermo, ma si conquistano con l’educazione emotiva e cioè attraverso la solidarietà, la relazione, l’aiuto reciproco, la comunicazione. Ma a tutt’oggi chi è che si fa carico nella nostra società di un simile dialogo con le giovani generazioni? Maria de Filippi?».