Cicerale: una battaglia da vincere

Che il canile di Cicerale sarebbe stato dissequestrato era evidente. Ed era inevitabile. A livello legale non poteva accadere altrimenti, perché all’interno del fascicolo aperto avanti alla Procura di Vallo della Lucania non c’era nulla che costituisse una prova. I Nas al momento dell’intervento non avevano in alcun modo contestato il maltrattamento. Non c’erano documenti. Eravamo scesi in Campania convinti della necessità che s’intervenisse veramente per risolvere la situazione più grave presente sul territorio nazionale. Dove tutte le Associazioni – indipendentemente dalla collocazione geografica e dalla loro importanza – avrebbero dovuto fare fronte comune. Se è vero che muoiono in quel posto migliaia di cani l’anno. Per poter entrare avevamo chiesto che la Procura ci autorizzasse ad occuparci delle adozioni, in collaborazione con le associazioni che erano incaricate della custodia giudiziaria insieme alla Asl Salerno 3 e cioè l’Associazione Zoofila Salernitana e la Lega del Cane sezione di Salerno. Apprendevamo successivamente che la Lega del cane aveva rinunciato alla custodia. La Procura non ci autorizzava, limitando il permesso solo alla possibilità di accedere a Cicerale alla presenza del custode, dott.ssa Stefania Siano. Una minima parte dei volontari che indicavamo venivano autorizzati. Altri nominativi che presentavamo dopo solo tre giorni, non venivano neanche sottoposti al magistrato. E cominciava il calvario mio personale e della nostra Associazione. L’impegno era serio e infatti cominciavamo a scendere ogni quindici giorni al massimo (compatibilmente con gli impegni della custodia) e a cercare adozioni. Mentre dal punto di vista legale, insieme all’Ass.ne Chiliamacisegua, predisponevamo un esposto dettagliato alla Corte dei Conti contro l’operato della Asl Salerno 3. Le foto che giravano erano le nostre. Scattate però fuori dalla struttura, perché all’interno l’associazione custode non permetteva di riprendere gli animali. Ed erano foto scattate sì legalmente, ma di fatto “rubate” perché eravamo costantemente seguiti dal personale extracomunitario dei signori Cafasso ed occorreva stare attenti a nascondere la macchina fotografica. Alla mia Associazione veniva di fatto negata qualsiasi possibilità di procedere agli affidi: ci veniva permesso di prendere in adozione solo cani gravemente malati, leishmaniotici e incurabili, che venivano intestati a me personalmente e non all’Associazione, sul presupposto che i cani potevano essere intestati solo alle Associazioni di volontariato iscritte all’Albo regionale della Regione Campania. Sceglievamo di non fare alcuna raccolta fondi per Cicerale, visto il clamore che il caso stava suscitando a livello nazionale, e continuando a prelevare cani di difficile adozione saturavamo gli spazi a nostra disposizione, mentre accumulavamo debiti presso le cliniche. La custodia ci rifiutava la possibilità di prendere in affido qualsiasi altro cane perché non castrato o sterilizzato, sostenendo che le sterilizzazioni sarebbero cominciate una volta completate le pratiche di censimento. Contribuivamo in minima parte ad eseguire il censimento e ci veniva comunque detto che la Asl non avrebbe eseguito le sterilizzazioni, perché non aveva un ambulatorio autorizzato dove farle. Nulla sapevamo della richiesta di autorizzazione che avevamo affidato al custode per permettere l’ingresso ad altri volontari. Ed era così, infatti, che il giorno della manifestazione nazionale, Corinna, Monica e Mirko di Chiliamacisegua, che erano partite il giorno prima ed avevano dormito in autogrill lungo l’autostrada pur di essere a Cicerale alle 9.00 di mattina insieme a me per aiutare nel censimento, rimanevano fuori dai cancelli. Ad altri nostri volontari era toccata la stessa sorte. Il giorno in cui veniva completata la schedatura coincideva con quello della manifestazione nazionale. Mentre fuori dal canile c’era l’inutile catena umana e si vedevano elevare bandiere di Associazioni che non hanno inteso manifestare ulteriore impegno, oltre quello, io personalmente preferivo stare dentro. Sono abbastanza esperta di canili e riesco ad avvicinarmi spesso a cani spaventati. Avevo notato che le pratiche con cui venivano prelevati gli animali dai recinti per rilevare i chip ed eseguire i prelievi non erano certo compatibili con il benessere animale ed avevo preferito rimanere dentro, piuttosto che andare al Comune e alla manifestazione per evitare a qualcuno l’esperienza di essere preso al laccio. Eravamo due squadre: in ognuna c’erano personale Asl, personale del canile, il Custode dott.ssa Siano e un’altra volontaria, oltre a me. Ogni recinto aveva molti cani. Ad un tratto ho sentito provenire – non dalla mia squadra – urla fortissime di un cane spaventato: era una cagnolina bianca che alla sola vista del laccio e dei due operatori del canile, si era rintanata nella cuccia ed emetteva suoni terrorizzanti. Mi ero avvicinata, avevo allungato un braccio e l’avevo presa. Le facevo fare il prelevo, rilevare il chip, fare la foto e la riaccompagnavo dentro, con segnali calmanti. Uscita dalla cuccia e dalla rete non faceva altro che scodinzolare, saltare e baciarmi. Chiedevo subito alla Siano di poterla prendere. Mi veniva negata la possibilità. Le chiedevo che fosse la sua Associazione a prelevarla per sterilizzarla per poi fare il passaggio. La possibilità mi veniva negata. Protocollavo una richiesta alla Regione per sbloccare le adozioni: non aveva seguito. Mi facevo mandare le foto della cagnolina: dieci giorni dopo tornavo a prenderla ma non c’era più. Questo era uno solo dei modi con cui ci veniva chiaramente fatto capire che non c’era motivo che scendessimo e che non eravamo graditi. Modi piuttosto crudeli, in quanto le persone non sono pietre e i cani non sono patate. Nel frattempo eravamo rimasti completamente soli. A quanto mi risulta, infatti, solo la Lega del Cane s’impegnava concretamente a prelevare animali e l’Associazione Chiliamacisegua rivolgeva richieste analoghe. Uno schiacciante senso d’impotenza e di solitudine. Abbiamo presentato copie di cartelle cliniche e certificati medici di “Pippi”, pregando il custode di depositarla di modo che ci fosse qualche straccio di prova all’interno di quel fascicolo del tutto nudo. Non ci è dato conoscere se sia stato fatto. Questa la nostra esperienza. Adesso le proposte, perché si potrebbe fare molto. Se è vero che da dicembre mancano all’appello 650 cani occorre individuare i colpevoli da un lato e allo stesso tempo agire per risolvere definitivamente la situazione. A Cicerale non c’è bisogno di proclami, di manifestazioni dimostrative di persone e Associazioni che scendono, non operano e spariscono, di volontari telematici. C’è bisogno di un coordinamento serio, che salvi migliaia di animali da un sistema di affari e di malasanità. Il cammino è in fase avanzata. Non occorre ricominciare tutto da capo se è vero, com’è vero, che ormai il “giro” è stato scoperto e che l’autorizzazione sanitaria è stata revocata dal Sindaco. Occorre principalmente agire, perché il gestore non vinca anche il ricorso amministrativo contro il provvedimento del Comune che sicuramente avrà presentato. E nel frattempo: 1) farsi dare copia del censimento dei cani con le relative foto dal custode Giudiziario dott.ssa Stefania Siano dell’Ass.ne Zoofila Salernitana, cosa che la stessa adesso può fare, visto che gli animali non sono più sotto sequestro e sono beni pubblici; 2) scendere in più volontari esperti e motivati ed eseguire una verifica degli animali rimasti alla data attuale rispetto al censimento; 3) elevare una querela penale per i cani mancanti e attivare un procedimento penale parallelo all’attuale, ma dove siano presenti documenti probatori; 4) mantenere un presidio di volontari intern
o di Associazioni di volontariato che si impegnino a turnare garantendo la presenza almeno una volta a settimana, possibilmente di sabato, verificando presenze, decessi, affidi etc. Il compito è assolutamente arduo in quanto occorre tenere conto del grave stato di pericolosità ambientale. Non abbiamo assolutamente intenzione di operare da soli o con La Lega del Cane o con Chiliamacisegua – seppure soggetti stimabilissimi -, nella piena consapevolezza che se non si crea un coordinamento nazionale con almeno 50 volontari che garantiscano un impegno fattivo e concreto sul posto, non ce la potremmo fare. Per l’Abruzzo si è creata una mobilitazione che ha portato in salvo migliaia di animali vittime di una calamità naturale: possibile che lo stesso non si possa verificare per salvarne altrettanti, vittime di una calamità altrettanto grave che si chiama “uomo” e “dio denaro?” La nostra Associazione potrà mettere a disposizione – compatibilmente con la conclusione delle operazioni di trasferimento dei cani dal canile Dipalo di Matera, di cui ha la custodia giudiziaria – il coordinamento, dieci volontari esperti ed assistenza legale ulteriore rispetto alle azioni già intentate presso la Corte dei Conti di Roma. Ma temiamo che tutta questa volontà nazionale e tutto questo bell’impegno – al di là delle semplici parole – non ci sia. Cicerale è lontana. Noi volontari troppo impegnati o semplicemente troppo presi dalle nostre cose. E non solo: ormai Associazioni certo più importanti della nostra stanno portando avanti il discutibile principio che le adozioni devono essere limitate al Comune di appartenenza dell’animale o massimo alla Regione. Questo ci porta a ritenere che questa battaglia non sarà sostenuta come si dovrebbe, ossia dando un segnale forte e concreto a livello nazionale.

Associazione Canili Lazio Onlus Roma, 13/07/09

La Presidente

Maria Cristina Salvucci