Villani educati

  Michele Ingenito

 

          Rispetto a quanto accaduto nei mesi precedenti nelle stanze del presidente   uscente dell’amministrazione provinciale di Salerno, Angelo Villani, lo sconfitto sta reagendo da signore. Quale egli è, in fondo. Messo alle strette dai propri compagni di partito nei mesi di campagna elettorale, costretto a subire toni alterati, minacce ed insulti di più di un maggiorente perfino dai capelli bianchi, il medico-politico ha ingoiato il rospo, smussato gli effetti della comprensibile ed iniziale collera e si è messo a lavorare. Partendo, anzi ripartendo dalla base. Come doveva fare, come si auspicava che facesse.  Perché una cosa è perdere per merito dell’avversario (cosa inconfutabile date le circostanze). Altro è perdere per colpa del proprio partito. E, quindi, ancora più difficile, in simili casi, reagire da Villani. V lettera maiuscola, intendiamoci. Perché il ‘presidente’, persona notoriamente perbene a prescindere dal colore politico, così ha fatto e così doveva fare. Reagendo da Villani (Angelo). Non ha insultato i suoi (presunti) sostenitori di partito per il mancato sostegno, non ha minacciato a destra e a manca, non si è alterato salvo comprensibili e contenuti sfoghi umani. Per quanto ci risulti, anzi, egli si è subito rimboccato le maniche e si è messo a lavorare a soli pochi giorni dalla mazzata politica. Che, poi, vista la differenza in percentuale, non è stata così traumatica, data l’inconsistenza del sostegno ricevuto. Ciò fa sì che una ripresa della propria credibilità interna al suo partito ed un conseguente consolidamento qualitativo e numerico possa e debba essere conseguente. Con la naturale aspirazione a ricompattare le truppe per poi confrontarsi adeguatamente con le attuali soverchianti forze della maggioranza. A ciò si aggiunga che una buona ed intelligente opposizione, che sia anche collaborativa con le iniziative oggettivamente valide  e costruttive del PdL del presidente Cirielli, non potrà che rafforzare la sua credibilità politica, proponendolo come interlocutore privilegiato del proprio gruppo, oltre che di quello che attualmente comanda. Incombe, perciò, su di lui un duplice compito. Fare bene l’opposizione, non alla Franceschini prima maniera, per intenderci, e neppure alla D’Alema stile-Bari. Anche perché, visti i risultati, il boomerang ha fracassato entrambe quelle teste, sia a livello nazionale sia in quel di Puglia, dopo avere solamente sfiorato il capo del Presidente del Consiglio e neppure di uno dei suoi candidati sul territorio. Il PD ha commesso l’errore storico e politico compiuto negli anni ’80 dal PSI. Crescere, ingrassare, spaccarsi, implodere. Crescere improvvisamente produce frutti immaturi, che una volta ingeriti, creano danni. Danni che in politica equivalgono ad interessi (da qui la distribuzione degli incarichi esterni super pagati a portatori di voti in veste di specialisti di questo o quel settore), a conseguenti capriole di abilissimi truffatori (che ingrassano usando la politica ben camuffandosi agli occhi dei loro affatto ingenui protettori), a tradimenti (quando la partita si fa perdente e, quindi, tutti fuggono riparandosi altrove). Morale. Villani dovrà costruire una base giovanile seria e ben selezionata; desiderosa di fare politica per valori ed ideali ai quali devono ovviamente associarsi iniziative concrete. Ma nell’interesse generale, della collettività, per un futuro inserimento di quei nuovi quadri all’interno della classe dirigente del partito stesso. Solo dopo avere edificato una costruzione idealmente, politicamente ed eticamente ben salda sulle assi del potere, egli potrà dare l’assalto a Forte Apache (citiamo l’amico Bianchini). E’ un lavoro lungo e snervante, per il quale Villani avrà bisogno di dialogare anche con gli avversari interni, soprattutto con i più lungimiranti.

Anche perché, da quell’interno, la lezione ricevuta non può non essergli servita. A cominciare, volente o nolente, da quella impartitagli da De Mita. Il quale, contro ogni previsione, si è preso la sua rivincita contro chi – Villani – aveva osato metterne in discussione la leadership. Intendiamoci. Villani aveva avuto il coraggio quanto meno di contrapporsi  a viso aperto al leader di Nusco. Sottovalutandone, forse, e non solo lui, le risorse da gatto felino, nonostante l’età. Ma a viso aperto. E senza infingimenti. Cosa che, all’epoca come oggi, gli ha fatto e gli fa onore. De Mita ha vinto per la sua scaltrezza di uomo politico aduso a mille battaglie, a quell’intuito che da perdente iniziale lo ricolloca puntualmente  sul palco del vincitore, a quella capacità tutta sua di calcolare e ricalcolare gli eventi, quasi fossero oggetti numerici da collocare e pesare, prima di appoggiarsi sul piatto vincente della bilancia.  Ma di questo Villani non potrà che far tesoro. Se c’è stoffa politica autentica in lui, la lezione gli sarà certamente servita, fortificandolo per ricominciare. Se sbaglia la risalita, ogni alternativa politica per lui rischierà di dissolversi nel nulla.