Franceschini. No a Catilina!

 Michele Ingenito

Franceschini, dunque, tira fuori le unghie e si ricandida per il rinnovo del mandato di Segretario Nazionale del PD. All’interno del quale convivono due anime, eterne separate in casa. Il duo di origine catto-comunista, che ha sempre brindato ai propri successi, levando i calici al centro della rete del campo da tennis. Insieme, senza mai invadere, però, il settore altrui. Cicerone e Catilina. Con i dovuti distinguo e senza fare violenza alla storia.Oggi come oggi, il Dario tutto d’un pezzo ha detto chiaro e tondo di non volere scendere a patti. Patti tradizionali, patti di accordi sottobanco e di potere, patti di antica matrice di vecchia e superata politica, quasi identificandoli in quel mostro chiamato “politica” riassunto nel celebre personaggio romano così facile alle congiure. Il che gli fa certamente onore e conferma l’animo puro che ne ispira comportamenti, ingenuità e, ahimé, errori dettati da istinto e inesperienza di comando.Errori, soprattutto, pagati in verità sulla propria pelle e di cui si è assunto la responsabilità. Ovvio riferimento alla recente mazzata elettorale, alla quale ha contribuito con esemplare candore e testarda determinazione.Ora, però, di fronte al tentativo di sovvertire il partito in nome delle vecchie logiche innate in quella parte del corpo spaccato in potenziali cricche e clientele di antica origine, il combattivo Segretario punta alla stabilizzazione della “testa malferma” di un moderno “Senato” politico abituato al potere ereditario, non potendo rinunciare alla logica delle collusioni interne per una sua sopravvivenza all’infinito. Fa sua la “testa” pensante del perfido romano, pur sapendo, lo si spera almeno, quanto sia rischioso caricare a testa bassa contro i poteri forti interni al suo stesso partito. Perché, se alla testa non corrisponde un corpo non meno vigoroso, in altri termini la base dei potenziali elettori, la frantumazione, leggi sconfitta, è dietro l’angolo per il buon Dario. Nonostante tutto, questo anti-Catilina moderno dà sempre più prove della sua insofferenza. Ed i messaggi in tal senso agli amici-avversari sono assai espliciti: Quousque tandem (…) abutere patientia nostra? In realtà, aria di congiura non se ne respira all’interno del PD. Esiste solo un esplicito riferimento, per ora, all’alternativa-Franceschini. Bersani. Il che è peggio. Nel senso che, per una parte del PD, non c’è bisogno di congiurare. Su quel nome, il segretario pro-tempore del PD farebbe bene a scalpitare meno e a riflettere di più. Perché Bersani è un fior di candidato. Garbato, signore, suadente, ma soprattutto di forte impatto sostanziale, politico e mediatico. Due assi vincenti, come dimostra la controparte Berlusconi, per un politico ben accetto a gran parte dell’elettorato, della base e dei simpatizzanti del centrosinistra.