Time(r)s ad orologeria:ipocrisia britannica e pragmatismo italiano

 

 Michele Ingenito

 

Che le leggi del giornalismo siano totalmente diverse tra l’Italia e l’Inghilterra (e il mondo anglosassone in generale) è cosa ormai lapalissiana. Che in quel di Albione i media non guardino in faccia al potere politico soprattutto è formalmente vero. Che un Premier britannico o americano si sarebbe dovuto dimettere dinanzi alle bordate documentali e documentate quali quelle che attualmente investono il primo ministro italiano, pur se rubate alla sua vita privata, è scontato. Che tutta questa (presunta) integrità di antico stampo vittoriano appartenga ad un’etica improntata all’alto senso morale che sempre e comunque deve ispirare il dovere e la responsabilità individuale specie di chi governa la cosa pubblica, indipendentemente dalla fede religiosa professata (viste che sono tali e tante nei paesi anglosassoni), è arcinoto. Che su tutto ciò debba imporsi, per prevalere, la logica morale della coscienza e del dovere dell’individuo nei confronti del proprio paese attraverso sacrifici (niente aerei di stato per fini ludici) e rinunce (fioretti ante diciottenni o presunte tali) rispecchia fedelmente la tradizione di un’idea, di un’ideologia e di una filosofia etica sulle quali l’Inghilterra capitalista, ipocrita e borghese ha costruito nel tempo la sua fortuna.Perché per secoli, proprio di quella filosofia morale, l’Inghilterra conservatrice si è servita per tenere buone le masse del proletariato sfruttato in fabbrica e nelle miniere, rendendole inoffensive e costringendole ad accettare l’ordine costituito. Non a caso il prestigioso Times fu fondato nel 1875, per essere voce ufficiale del conservatorismo e, quindi, dell’insieme dei valori predicati a destra e a manca al solo scopo di imbalsamare le coscienze critiche, le poche, che piano piano si sollevavano dal puzzo delle fabbriche fatiscenti o delle miniere a rischio dello Yorkshire o della derelitta Irlanda e, più, in generale, del Nord proletario del paese.La premessa vuole fungere da necessario punto di partenza per una riflessione più ampia sul fatto politico de giorno. E’ vero. In politica, soprattutto, oltre ad essere, bisogna anche apparire. Come a dire: “Chiunque, anche un primo ministro, può fare tutte le cose indecenti di questo mondo (ammesso che le faccia), purché nessuno lo sappia.” Le bordate pesantissime di Michael Bynyon del Times contro Berlusconi partono, dunque, da premesse difficilmente smentibili sul piano della logica etica a cui esse si ispirano. Con qualche eccezione, però, che, allo stesso tempo, mettono al tappeto le conclusioni apparentemente fondate del pur autorevole opinionista del quotidiano britannico.Premesso, infatti, che, quando si parla di etica e, quindi, di valori, non si fanno eccezioni per nessuno, ci può spiegare Michael Bynyon come mai, di fronte ad una serie infinita di scandali trascinatisi nel tempo in Casa Reale di Sua Maestà Britannica la Regina Elisabetta II tuttora felicemente regnante, nessuno dei pargoli in ascesa colti sovente in fallo e puntualmente ed obiettivamente irrisi dalla autorevole stampa inglese si è mai dimesso dal diritto alla successione al trono, ad esempio? O rinunciato ai pur sostanziosi privilegi derivanti dal rango e dalla rappresentanza? Il Times ha mai osato tanto? Guai! La Casa Reale fa eccezione. Dinanzi alla Corona tutti in ginocchio. Perché i suoi figli non sono fatti di carne. Perché è sempre tra i comuni mortali che deve concentrarsi la disputa, il confronto, il sacrificio. Se Repubblica sguinzagliasse i suoi segugi alle calcagna dei massimi VIP della politica inglese e della loro vita privata non rimarrebbe forse delusa. E capirebbe, quel giornale, come con le leggi dell’ipocrisia e del pettegolezzo, si conquistano i lettori per quell’euro al giorno che fanno milioni, non sempre le altre verità scomode.Certo, il mondo cambia anche per gli anglosassoni, se è vero come è vero che un Bill Clinton Presidente degli Stati Uniti raccontato in fallo hot sex dalla diretta interessata continuò tranquillamente nel suo mandato fino alla fine.Così come il Times capirebbe (ma non ne ha l’interesse ovviamente) che il potere economico ha sempre la prevalenza su quello politico. E non c’è certamente (stato) bisogno che il suo proprietario e magnate dei media (televisioni e giornali quasi tutti di centrodestra, come la rete tv Fox, SKY e il Wall Street Journal negli Usa, il Sun e appunto il Times in Gran Bretagna) desse fiato alle trombe per imbeccare un suo giornalista di punta libero e certamente indipendente come Bynyol, per scotennare il temibilissimo concorrente italo-europeo quale è da tempo per lui Silvio Berlusconi. E tutto questo, non a caso, alla vigilia delle elezioni politiche europee, cioè di un vastissimo mercato quale l’Europa, che fa sempre più gola ai grandi imprenditori dei media mondiali. Certe giochi si capiscono da soli. Perciò, quando si tratta di fare “un piacere” al padrone, un dipendente devoto come Michael Bynyon non ha certamente bisogno dell’imbeccata. Provvede e basta. Capito Presidente Berlusconi? Quanto a lei non vada a cercarsele certe rogne. Possibile che ancora lasci prevalere in lei l’istinto comportamentale del bambino che sempre c’è (e resta) in ognuno di noi? Pensando che agire in coerenza con se stessi, con il proprio modo di essere paghi sempre e comunque? Le apparenze contano, lo sa? E, poi, innocenti o meno che siano certe sue fughe in avanti, si cauteli un po’ di più. Perché agli italiani, dopo tutto, non gliene frega granché (tranne che, speculativamente, alla concorrenza politica, si sa) delle sue eventuali scappatelle o aspirazioni di tarda età o passaggi su aerei di stato a chi (in tal senso fa bene la Procura di Roma ad indagare) farebbe bene ad usare il traghetto. In nome di un pragmatismo da fare invidia agli inglesi, perché certamente preferibile all’eterna ipocrisia di chi, nascondendosi dietro la finzione, continua a dir bene razzolando male. Casa Reale docet!