SalernoinFilosofia all’Archivio di Stato con Giuseppe Cantillo

Riprende venerdì 8 maggio, l’attività della Società Filosofica Italiana di Salerno. Riprende con una serie di conferenze  il ciclo “SalernoinFilosofia”, ormai  alla sua dodicesima edizione . Dal 1993 la Sezione di Salerno  della Società Filosofica Italiana  svolge un importante ruolo di mediazione tra ricerca e innovazione  teorica e divulgazione  filosofica ,rendendo accessibile al  vasto pubblico temi e concetti altrimenti ristretti ad un’esigua élite di specialisti. La sua attività si è svolta mediante cicli di conferenze, dibattiti, seminari, corsi di formazione che hanno avuto sì quale campo privilegiato la filosofia, ma che hanno spaziato in settori ben più vasti. Credendo nella valenza sociale della cultura ,sempre più necessaria in un’epoca  in cui i modi  della riflessione  vengono dettati dai tempi nervosi  e veloci delle agende politiche e produttive , la SFI  ha operato e opera in collaborazione attiva e proficua  con importanti  istituzioni culturali  ed eminenti  studiosi italiani e stranieri , sottoponendo al pubblico salernitano  momenti di importante riflessione , grazie a pensatori  come Remo Bodei,Giulio Giorello ,Alberto Asor Rosa , Frank Oppenheimer , Edoardo Sanguineti , Alain de Benoist, Domenico Losurdo, Marco Tarchi, Ernst Nolte, Enrico Fubini, Aldo Masullo,Giuseppe Cantillo, Giuseppe Cacciatore  e tanti altri. Venerdì 8 maggio, alle ore 17 , nel Salone Bilotti  presso  l’Archivio di Stato , sito in Piazza Abate Conforti n.5 , di fronte al Convitto Nazionale, il prof. Giuseppe Cantillo  dell’Università degli Studi di Napoli Federico II aprirà il ciclo  “Filosofia pratica e pratica della filosofia”, con una conferenza   dal titolo “Questioni di Etica”( a partire da Hanna Arendt). Hannah Arendt, concludendo le lezioni raccolte in “Alcune questioni di filosofi a morale” denuncia con forte preoccupazione l’atteggiamento di indifferenza morale che appare dominante nel nostro tempo considerandolo «il pericolo maggiore che possiamo correre», e vede «nella mancanza di volontà e nella incapacità di scegliere i propri esempi» di moralità, i propri modelli nella decisione sul bene e il male, o anche «nella mancanza di volontà o nella incapacità di relazionarsi agli altri tramite il giudizio […] le vere pietre di inciampo che gli uomini non possono rimuovere», i posti dove «si nasconde l’orrore e al tempo stesso la banalità del male». Di fronte a questa crisi radicale della moralità, che mette in questione i valori universali della vita e della dignità dell’uomo, il pensiero morale non può limitarsi a rispecchiarla, ma deve riproporre la questione di una fondazione razionale dell’etica, del riconoscimento di una norma, di una misura universale dell’azione. In mancanza di essa, infatti, l’azione resta consegnata esclusivamente alla puntualità e all’immediatezza di una decisione e di un gesto assoluti, e perciò assolutamente prevaricatori, privi della necessaria dimensione universale e inter-soggettiva. Se la libertà è la condizione della morale, la sua forma, essa non è ancora il contenuto morale, che la ragione pone dinanzi alla volontà, al libero arbitrio. E’ necessario un giudizio riferito all’oggetto del nostro volere ed agire. E’ necessario un criterio di questo giudizio pratico: quindi l’esercizio della ragione pratica, “teoretico-morale”, che è la fonte di questo criterio, della legge morale, che consiste nel riconoscimento del grado di essere degli enti, della loro partecipazione al bene. Nasce di qui l’esigenza di una fenomenologia dell’etica: una descrizione dell’esperienza morale che ha di mira l’essenza, la natura umana, dove per “natura umana” si può intendere soltanto una struttura a-priori della coscienza come condizione di possibilità dell’esperienza umana; e questa struttura a-priori è il carattere di senso e di valore che ha l’atto di vita umano, la sua originaria “sensatezza”, la sua originaria “aspirazione al valore”, senza di cui non vi sarebbe quel “modo di essere” che è proprio dell’uomo e che si oggettiva nel mondo storico -culturale.Seguirà, giovedì 14 maggio , ore 17,  nella stessa sede , la conferenza dal titolo “Elogio del Relativismo ” tenuta dal  Prof. Emerito dell ‘Università di Napoli , Aldo Masullo. Concluderà il ciclo il prof. Giuseppe  Cacciatore , dell’ateneo partenopeo, con un intervento su “Saperi umani e consulenza filosofica” , presso la stessa sede , mercoledì 3 giugno alle ore 17,00.

Un pensiero su “SalernoinFilosofia all’Archivio di Stato con Giuseppe Cantillo

  1. Ho letto sul sole24ore di domenica 8 luglio una recensione a due libri di Cacciatore (con altri) intitolati “Interculturalità”, Carocci e Guida editori). Le solite stronzate della filosofia di oggi che individui come il Cacciatore hanno portato al suicidio continuando a scrivere di valori morali e di dialogo tra culture entro cui fare riferimento a norme universali, nel riconoscimento delle varietà culturali. STRONZATE direbbe Harry G. Frankfurt (Stronzate, Rizzoli 2005). Un continuo blaterare tra cadaveri filosofici che continuano ad ignorare le conoscenze scientifiche e con esse il diritto naturale, che, se naturale, non può essere il diritto della sola natura umana. La conoscenza scientifica e il diritto naturale sono metaculturali e non sanno che farsene delle varietà culturali entro cui rimangono sempre racchiusi i valori morali, che sono sempre i valori delle tradizioni (anche delle più barbare) o i valori dei vincitori. L’etica deve dunque sparire, per essere sostituita da una biogiuridica fondata sul diritto naturale. Questi schifosi filosofastri alla Cacciatore continuano ad ignorare la lezione di Max Weber sulla “lotta mortale tra valori morali”, da cui si può uscire (cosa che non capì nemmeno Weber) solo con il diritto naturale, che è diritto all’autoconservazione (non sconfessato dalla catena alimentare preda-predatore).Con i valori morali si mette da parte la natura e la questione grave dell’antropizzazione della Terra. Ma a questi filosofastri alla Cacciatore non interessa che la popolazione terrestre in un secolo sia passata da un miliardo e mezzo a 7 miliardi, con i conseguenti disastri e inquinamenti ambientali. E così, con la complicità di una filosofia cadaverica, si continua a parlare di dignità della persona umana(anche dei criminali), di dialogo tra culture, anche quando questo dialogo non può esistere, continuando ad alimentare una concezione antropocentrica, e perciò antiscientifica, della natura, che va a braccetto con la Chiesa, ignorando l’evoluzione biologica da una comune origine di tutte le forme di vita, per cui non esistono i cosiddetti diritti umani se non sono fondati sul diritto naturale non solo umano. Vada Cacciatore a dialogare con i talebani se vi riesce. I talebani lo eliminerebbero, e questa volta non sarebbe una perdita.
    Questo mio commento sarà messo nel mio blog pietromelis.blogspot.com. Peccato che sia alla correzione delle seconde bozze di un mio libro. Cercherò di aggiungere un medaglione delle stronzate di Cacciatore, che pretenderebbe anche di offrire una consulenza filosofica. Peggio che mai. Secondo questo filosofastro la vita degli animali non esiste, e, se esiste, essa fuoriesce dai valori morali, che sono degli uomini e non degli animali non umani. Taccia, ché farebbe meglio.

I commenti sono chiusi.