Salerno: mercatini etnici, tempo di bilanci

 

Luca Monaco

E’ trascorso oltre un anno dall’inaugurazione a Salerno dei cosiddetti “mercatini etnici” che, nelle intenzioni dell’Amministrazione Comunale, avrebbero dovuto porre fine all’annoso problema dell’ambulantato selvaggio. Due aree, situate l’una in via Limongelli, nelle adiacenze del Parco del Mercatello, e l’altra in via Vinciprova, nei pressi della costruenda cittadella giudiziaria, adeguatamente attrezzate per conferire maggiore dignità sia al centro cittadino, preso d’assalto da flotte di ambulanti extracomunitari (ma non solo), arrangiati alla meno peggio, che ai venditori medesimi. Le polemiche, all’indomani della loro inaugurazione, non hanno tardato a palesarsi: da un lato il Sindaco De Luca, impegnato in una convinta e strenua difesa del proprio operato e dall’altra i “mercatino-scettici” che negli stessi intravedevano una mal dissimulata espressione di insofferenza razziale ed, addirittura, il profilo di un restaurato apartheid d’importazione. Prescindendo da valutazioni di merito sul tema, evidentemente più confacente alla vis polemica propria dell’agone politico, è d’obbligo quantomeno tracciare un asettico bilancio di questa pur innovativa esperienza. Ebbene, se, per un verso, l’idea di radunare in due blocchi la nutrita e frammentata pattuglia di ambulanti extracomunitari poteva risolversi in un’interessante attrattiva ludico-commerciale, dai connotati folkloristici, e parimenti in una più decorosa collocazione degli stessi, la cruda realtà, ad oggi, consegna alla cittadinanza l’immagine desolante degli stand pressoché deserti, orfani non soltanto di avventori ma degli ambulanti medesimi. Le motivazioni vanno probabilmente desunte dalla coesistenza di molteplici fattori; alcuni, in particolare, puntano l’indice verso la presunta infelice collocazione dei mercatini, confinati in aree giudicate scarsamente frequentate. Nondimeno và sottaciuta, a parere di altri, la colpevole diserzione dei diretti interessati, nonché beneficiari dell’iniziativa, che, forse, al progetto non hanno mai creduto troppo, abbandonandolo ancor prima di averlo sposato e privandolo di qualsiasi contenuto creativo e merceologico. Ad ogni buon conto, attualmente gli stand, soprattutto quelli collocati in via Vinciprova, ospitano pochissimi e malinconici ambulanti, dediti per lo più alla commercializzazione di borse e cinture “made in China” et similia piuttosto che ad oggettistica etnica: in buona sostanza, l’immagine è quella di un corpo mal vestito e senz’anima. Con il sopraggiungere della stagione estiva è ipotizzabile che i mercatini vengano provvisoriamente trasferiti, come lo scorso anno, nel “sottopiazza” della Concordia, ma si è ben lungi da una soluzione definitiva del problema. Soluzione che non può prescindere da modifiche strategiche e strutturali al progetto, da un ulteriore confronto tra le comunità degli extracomunitari interessati e l’Amministrazione Comunale, e tantomeno, infine, da un’adesione convinta e laboriosa degli ambulanti medesimi, su cui grava l’onere di fare ricorso, perché no, anche all’estro, all’inventiva, all’intuizione “imprenditoriale”.

 

Un pensiero su “Salerno: mercatini etnici, tempo di bilanci

  1. Ciao,sono un ragazzo di Napoli e ho partecipato alla fiera del crocifisso a Salerno.Ebbene sono rimasto impressionato in modo estremamente positivo sia della citta’ che dell’organizzazone del evento, io importo oggettistica dal Sud America e mi saebbe piaciuta l’idea di esporre la mia merce in questi mercatini,ma leggendo questo rapporto pazientero’un po prima di prendere in considerazione questa idea.

I commenti sono chiusi.