Massimo Troisi: una comicità troppo breve

di Rita Occidente Lupo

San Giorgio a Cremano: un premio a ricordo del suo figlio più illustre. Spento troppo in fretta, per prendersi gioco anche della morte stessa. In collisione con la sorte, che sferra colpi bassi a tentoni. Come con lui, ad appena 41 anni. Facendolo semplicemente addormentare nel sonno, in casa della sorella, al termine del suo vincente Postino. Massimo Troisi, quel figlio di Napoli  entrato in urto con la vita, solo per la morte. Giocando con l’amico Gaetano, strapazzato tra emozioni e situazioni, nel rasentare il paradosso che spesso ammanta anche i sentimenti. “Credevo fosse amore, invece era un calesse!” E che bussa alla porta della discrezione, quando gli avvenimenti si prendono gioco del cuore. Napoli, catapultata con le sue mille contraddizioni. Con quelle sue superstizioni, che ancora stregano i creduloni. Con quella sottile vena caricaturale, che stria la saggezza eduardiana, prendendo sotto gamba la voglia di espatriare. Non poteva il Comune vesuviano, in primo piano per i rifiuti di troppo, non rievocare una comicità sana, quella di Troisi, spentasi troppo in fretta. Sì da lasciar spazio agli scurrili della domenica. Imbonitori di volgarità. L’arte di saper far sorridere, sempre più spesso gettonata da doppi sensi e battutacce. Massimo, tutt’altro! Balbettando con acume il quotidiano. E catapultando il presente in un passato fantastico. Per vivere l’assurdo, come reale, con estrema disinvoltura. “Il Postino” , a fatica sul set. Procrastinando l’intervento cardiaco. Lui ed il suo amico Pablo Neruda, durante l’esilio del poeta cileno in Italia. In un intimo colloquio sul perchè della vita e dell’amore. Sul confronto tra cultura ed ignoranza. Voglia d’apprendere e cattedraticità. Platonismo e sensualità. Troisi da Postino, latore di una missiva senza fermarsi per strada. Nè concedersi battute d’arresto. A costo del suo cuore. E della sua stessa vita! Che sapeva di dover perdere senza ritardi. Anche la morte uno scherzo con se stesso? O un sogno, per quella fantastica invenzione di Leonardo, nella macchina del tempo? Un ricordo, Massimo, che gli Oscar hanno giustamente immortalato!