Sconfitta in Sardegna: Veltroni sostituito da Franceschini

Angelo Cennamo

La sonora sconfitta del PD alle regionali in Sardegna, giunta a breve distanza dalla precedente debacle in Abruzzo, ha aperto nel centro sinistra una crisi senza precedenti. Walter Veltroni, che meno di un anno fa era stato acclamato leader del partito con oltre 3 milioni di voti, si è dimesso. Al suo posto è subentrato il reggente Franceschini, il quale dovrà ora traghettare i democratici verso un congresso che si annuncia quanto mai imprevedibile. Le dimissioni di Veltroni sono l’amara conclusione di percorso ad ostacoli in cui il PD ha mostrato grossi limiti di tenuta, non solo a livello di leadesrship ma anche di contenuti. Sul correntismo elefantiaco del partito si è scritto molto : il plebiscito riservato all’ex sindaco di Roma in occasione delle primarie non ha, infatti, impedito alla vecchia nomenclatura dei DS e della Margherita di tessere una fitta rete di organigrammi ombra, volti a destabilizzare quanto fino a poche settimane prima era stato costruito per il successore di Prodi. E c’è chi attribuisce a Massimo D’Alema un ruolo determinante nell’operazione di logoramento. Ma è anche sulle idee e le strategie che il PD ha perso consensi, a cominciare dall’indecifrabile collocazione potenziale dei suoi europarlamentari. Nel celebre discorso del Lingotto, il neoeletto Veltroni diede un assaggio di quello che sarebbe diventato ben presto il suo peggior difetto : il “ma-anchismo”. Veltroni aveva in mente un partito nuovo che sapesse parlare ai sindacati come alla confindustria, che sapesse coniugare il liberismo con la solidarietà, che dicesse no alla guerra senza venire meno agli impegni internazionali contro il terrorismo, che rafforzasse gli investimenti pubblici diminuendo le tasse, e che si lanciasse nelle sconfinate sfide della bioetica nel rispetto delle radici cristiane. Neanche J.F. Kennedy ebbe il coraggio di proporre un programma simile! Oggi il PD sembra essere entrato in un vicolo cieco : nessuno vuole sedersi sulla sedia di Uolter prima delle europee, che anche i più ottimisti danno per perse,  e l’ombra di una possibile scissione appare più nitida. Urge una nuova opposizione