Canone Rai: aumento

Sergio Barletta

Con amarezza ho appreso che il canone abbonamento Rai è stato aumentato per risanare l’azienda quando, a mio parere è più giusto fare una televisone pubblica di qualità eliminando programmi che comportano la presenza di ospiti pagati  con cifre astronomiche. Il festival di Sanremo è la dimostrazione dello sperpero dei nostri soldi. Nello specifico, con decreto firmato dal  Ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola è stato previsto l’ammontare del canone di abbonamento Rai per il prossimo anno, sulla base del decreto legislativo 177 del 2005, secondo cui l’ammontare del canone deve “consentire alla società concessionaria di coprire i costi che prevedibilmente verranno sostenuti per adempiere agli specifici obblighi del servizio pubblico, come desumibile dall’ultimo bilancio trasmesso, prendendo anche in considerazione il tasso di inflazione programmato e le esigenze di sviluppo tecnologico”. La Rai, infatti lamenta un rilevante deficit e pertanto l’aumento del canone porterà nelle sue casse introiti per circa 24 milioni di euro. Tale aumento, a giusto parere delle associazioni dei consumatori è ingiustificato ed illegittimo mentre, secondo il Governo esso non ha natura tariffaria, ma tributaria in quanto non rientra nel blocco delle tariffe disposto con il decreto anticrisi. Il Codacons, a tutela dei cittadini presenterà ricorso al Tar,  contro l’aumento di 1,5 euro del Canone Rai deciso dal Governo. Il Codacons agirà soprattutto alla luce delle promesse fatte alla presentazione del decreto-anticrisi in cui si era promesso di bloccare tutti gli aumenti automatici. Il Decreto recante “misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale” all’art.3, “Blocco e riduzione delle tariffe” dispone il blocco delle tariffe che sarebbero dovute aumentare automaticamente. “Al fine di contenere gli oneri finanziari – si legge nel testo dell’art.3 – a carico dei cittadini e delle imprese (…), è sospesa l’efficacia delle norme statali che, obbligano o autorizzano organi dello Stato ad emanare atti aventi ad oggetto l’adeguamento di diritti, contributi o tariffe a carico di persone fisiche o persone giuridiche in relazione al tasso di inflazione ovvero ad altri meccanismi automatici…”. È proprio questa la ragione per cui, il Governo non ha bloccato il canone rai: l’articolo in questione si riferirebbe alle sole tariffe, mentre il Canone Rai è una imposta.  Questa è la motivazione che spinge  a presentare ricorso al Tar: “se si vogliono rilanciare i consumi “,  occorre che le famiglie vengano sgravate almeno per due anni da tutti gli aumenti automatici che subiscono, dalle tariffe dell’acqua, escluse dal decreto anticrisi, alle autostrade (solo sospesi fino al 30 aprile), dal canone rai, al canone telecom. Non è possibile che stipendi e pensioni non siano mai indicizzati all’inflazione mentre tutto il resto si.”  Per concludere, il Governo per tutelare la fascia più debole deve dare attuazione all’art.1, comma 132,  legge finanziaria 2008 , in riferimento alla possibilità per le persone di età pari o superiore a 75 anni con reddito proprio o del coniuge non superiore a 516,46 euro per tredici mensilità, senza convienti ed abolire il  canone rai per i cittadini italiani ai quali è stato concesso il bonus famiglia. Questa non è assistenza ma bensì politica sociale di uno Stato Europeo.