Ulteriore spettacolo di Rota in festival a S. Severino

Annamaria Noia

“Donne d’amore in guerra”: è l’accattivante titolo-tema dello spettacolo teatrale proposto dalla compagnia “Amnio” di Pistoia nell’ambito della rassegna-concorso per la nuova drammaturgia e i gruppi teatrali emergenti posta in essere dalla volitiva e determinata compagnia stabile “Città di Mercato S. Severino.”La rassegna, naturalmente, è sempre “Rota in festival”. Il tutto è stato proposto sul palco del centro sociale di Mercato S. Severino domenica 23 novembre, alle 21 (ingresso libero, come per gli altri spettacoli della compagnia). Questa interessantissima e originalissima kermesse è alla sua terza edizione, e si sta tenendo dal 31 ottobre, con altri begli spettacoli, fino a domenica 30 novembre; in questa data si terrà la cerimonia di premiazione, sia per la migliore compagnia, che riceverà un trofeo in ceramica commissionato da un negozio di S. Severino (“Angel”), sia per le altre categorie previste dal regolamento: migliore attore, migliore attrice, migliore regia. I premi per tali vincitori consisteranno in targhe della Uilt (Unione italiana libero teatro). La giuria coinvolta è una commissione ad hoc selezionata tra alcuni esperti di arte scenica e/o esponenti della cultura ed intellettuali del comprensorio sanseverinese. Nell’occasione, si potrà vivere un altro indimenticabile momento di pura arte teatrale con la stessa compagnia stabile, che porterà sulle scene: “Il sogno di Edgar”. Tale piece è ispirata, liberamente tratta, all’”Antologia di Spoon River”, da parte dell’americano Edgar Master Lee. La compagnia stabile è nata da una “costola”, all’interno della scuola teatrale comunale “Jacques Copeau” in Mercato S. Severino. La scuola di recitazione è tuttora diretta dall’ineffabile, umile ed entusiasticamente propositivo regista e attore Alfonso Capuano. Egli ha organizzato anche l’altrettanto interessante festival internazionale di regia, tenutosi con momenti di alta intensità e solennità intellettiva nei giorni 18-19-20 novembre alle 20.30 sempre presso il centro sociale, con un unico tema: “Amleto in 18 minuti.” A proposito di iniziative ricordiamo che proprio S. Severino pullula di momenti culturali, nella fattispecie relative al teatro e alla recitazione, sia per ciò che concerne il godersi cabaret e spettacoli di attori di vecchia e lunga data, del calibro di De Filippo, Biagio Izzo e altri, sia per attivarsi non più come semplice spettatore e cimentarsi nel recitare. Ciò grazie alle varie compagnie e scuole (come appunto quella di Capuano, ma non solo), insistenti sul territorio: a queste va il merito di aver incrementato la cultura drammaturgica e di aver – nondimeno – fatto conoscere all’opinione pubblica e agli aficionados, agli appassionati, i nomi di tanti e volenterosi, capaci, giovani e meno giovani attori, autori e registi, con l’euforia del sacro fuoco dell’arte. Tornando a noi e allo spettacolo – non troppo pretenzioso ma carino – del 23 novembre, c’è da dire che si divideva in due parti, una delle quali ispirata alla Lisistrata di Aristofane. La prima parte si intitolava: “Dimmi com’è l’amore”; la seconda: “Labbra serrate. Una Lisistrata”. Tutto l’insieme aveva per tema: “Donne d’amore in guerra”; testi di David Spagnesi e regia di David Spagnesi e Lisa Bellini. Personaggi e interpreti: Trimètor, il diavoletto della prima parte, era Francesca Tesi; Pinci: Marco Licheri; Antonella I invece è stata interpretata da Lisa Bellini; Antonella II e Giovanna del secondo tempo erano Maudi Scarola; interpretava Antonella III l’attrice Silvia Tosetti; Luciana era Lisa Mazzoni; Maria, Elisa Noci; infine Angelica era interpretata da Elena Danti. La prima parte è stata secondo noi più interessante e fantasiosa, più a livello di amarcord, mentre la seconda, pur riflettendo sulla guerra e attualizzando al mondo di oggi la possibilità di attuare “lo sciopero del letto” per evitare che gli uomini possano andare ancora oggi in guerra, uno stop al sesso come fece Lisistrata, la femminista ante litteram propria delle commedie greche (senza però il deus ex machina) e il tenere serrate le…labbra di sotto, per le donne, era in realtà un po’ più statica come vicenda , diremmo quasi “banale” anche se divertente, e senza un ritmo molto incalzante. Un ritmo afrodisiaco e narrativo, riflessivo, cantilenante e doloroso, amaro, ricco di flashback (o analessi) da parte dell’anziano Pinci nella prima tranche: egli è un inutile e triste straccio nell’ospizio, ma la sua ironia amara, ricca di pathos gli permette di ricordare il suo unico e vero amore: Antonella. Antonella è stata interpretata da tre diverse ragazze, tre attrici che recitavano in fiorentino. Le candele, le nenie, le cantilene, le filastrocche, il modo di muoversi lievi come fantasmi e come infermiere della casa di riposo, fanno sì che le tre Antonella che girano attorno al povero vecchio, a Pinci, rappresentino una blanda immagine di un amore lieve che poi diviene, grazie anche al deus ex machina (presente nella prima parte ma non nella seconda, come affermato prima) Trimètor, passione folle e accecante, turbolenta e comica. Una vis drammatica fulgente anche se il soggetto non era drammatico tout court, per uno spettacolino niente male, pure se altre visioni della rassegna di quest’anno erano forse più pregnanti e caratteristiche, più audaci e temerarie nella loro novità. Buona tuttavia l’intepretazione del Licheri che ha immortalato l’anziano Pinci, che ridiveniva giovane solo allorquando ripensava all’amore, ad Antonella, da lui a volte tradita. Nella piece Pinci dialogava – senza risposta – con un certo Boogie: a noi è sembrato – forse a torto – un rivolgersi a uno dei personaggi del romanzo “La versione di Barney”, di Mordecai Richler, che parlava di un anziano in preda al morbo di Alzheimer. La seconda parte dello spettacolo non ha riservato sorprese, anche se il tono goliardico con cui si è voluto trattare l’universo femminile è stato dissacrante e sarcastico. Le donne nella rappresentazione , proprio come Lisistrata, rifiutano di “darsi” e di “darla” ai propri uomini per convincerli a desistere, loro sindaci e assessori, vigili urbani e gente “che conta” in città, dal fare la guerra: un “Fate l’amore e non la guerra”, che è in nuce già dal ratto delle Sabine e che non vorremmo finisse mai. Uno spaccato irriverente e scherzoso sull’intelligenza tutta al femminile, che riassume “il coraggio, la dignità, la fierezza anche nella disperazione più cupa, l’ironia, la leggerezza, lo sguardo lucido e tagliente, la purezza e la passione, la capacità nobile di amare, di un amore assoluto, caldo, a tutto tondo”, nei luoghi creati dall’associazione teatrale “Amnio” che regalassero vita e voce a donne che “raramente ne avevano avuti per gridare i loro abissi e la loro sete di vita, prepotente nonostante tutto.” Il tutto, per le donne: “donne d’amore, donne capaci solo d’amore”.Da notare la presenza costante del letto, un letto d’amore ma anche di morte.